Ansia da ferie

Avere l’ansia da ferie è un deplorevole segnale di maturità. I primi sintomi li ho avvertiti la scorsa estate, quando prima delle ferie sono stata casualmente equipaggiata di BlackBerry aziendale, sai tanto per essere reperibile anche dal materassino. Poi, il fenomeno ha iniziato a riproporsi in forme varie ed eventuali ad ogni chiusura, ad ogni incauta interruzione della vituperata routine, di ufficio+casa+esselunga+SpritzAlColonial.

A questo giro, però, m’ha presa peggio del solito: bagagli da preparare, multe da pagare, regali da comprare, progetti da  aprire, sogni da chiudere, ticket compliments da consumare prima che scadano, fax da mandare, out of office da inserire “in case of emergency you can reach me on my mobile….”

Un bicchiere di vino dopo il lavoro, ciao a presto, tanti auguri, mi raccomando riposati, beh sì certo, lo farò, e voi mi raccomando, andate a sciare. E poi andare a cena da Hong Kong con Zia Vagina e mangiare il celeberrimo riso agropiccante, parlando di lavoro e sentimenti e parenti e di mia zia che, la settimana scorsa, in un momento di down, per consolarmi al telefono ha sfoderato tutta la sua indole da ex professoressa con la seguente frase: “Vagina, alla zia, voglio dirti solo una cosa: amor vincit omnia, se le difficoltà non si superano vuol dire che non c’è amore e allora scus, ma ne vale la pena ca tu t’ha dà procà cu stu cristian?”.

Mia zia è splendida. Se ci sono persone che non conosce è capace di dire “Buongiorno” con la seconda “o” chiusa, con una dizione corretta totalmente posticcia, per noi, perché da dove vengo io è scientificamente dimostrato che le vocali sono tutte sbagliate: noi chiudiamo quelle aperte e apriamo quelle chiuse e questa è una legge immutabile che si perpetra da secoli e che nessuno potrà cambiare mai. Ecco, dicevo, mia zia può dire “Buongiorno” con la dizione corretta e con la medesima disinvoltura può mescolare incestuosamente latinismi, inglesismi e dialetto, in un put pourrì di inquietudine e preoccupazione per me. Sì, perché mia zia si preoccupa sempre che io sia depressa, perché pare che in famiglia c’abbiamo molte case history di successo quanto a depressione, sarebbe una squisita tara contemporanea che la mia razza si porterebbe appresso da generazioni. Allora io ogni volta la rassicuro, le dico che no, che io non posso permettermi di deprimermi, perché io vivo sola e se mi siedo di culo a terra resto lì, di stare tranquilla, quindi, che non sono depressa, che tutto quello che c’ho mi passa e che poi torno più fica di prima. Non lo so, però, se la mia proverbiale capacità di persuasione dialettica, combinata con queste inoppugnabili argomentazioni, abbia sortito i suoi frutti. Io c’ho provato.

E poi Zia Vagina, che cerca di infondermi equilibrio e saggezza, per indurmi a un’alimentazione sana e all’uso della schiscia (ovvero il pranzo preparato a casa e portato in ufficio che, oltre a sorridere all’intestino, permette di risparmiare ticket restaurant) mi ha regalato un set di 30 contenitori simil-tupperware + un altro pacchettino che però m’ha detto di aprire a Natale e, siccome Zia Vagina è Zia Vagina, io le ubbidirò.

E poi gli ultimi regali da fare, multe da pagare, progetti da aprire, sogni da chiudere, amici da salutare e la sensazione che, a questo giro, torno a casa con meno entusiasmo del solito e che, dopotutto, in questa città uggiosa, umida e stronza, al momento mi sento molto più al sicuro che in qualunque altrove.

…E poi devo mandare le e-mail di auguri a tutti  i colleghi e i giornalisti, e poi stamattina ho visto 20 minuti in anteprima di Titanic in 3D e sì, sì io lo ammetto, io abdico in questo momento a qualunque postura simil-indie-radical-cultural-chic e anticipo che sì, io lo farò, io vedrò Titanic in 3D. Fortunatamente lo vedrò per lavoro e non dovrò pure pagarci il biglietto ma avrei potuto farlo, che si sappia. E non perché io pensi sia un bel film, ma perché ci sono troppi ricordi dentro, troppa memoria di un tempo in cui ci si poteva innamorare follemente di un Leonardo Di Caprio praticamente 13enne, di un amore appiccicoso e ridicolo, tempi in cui si poteva sognare che anche noi avremmo affondato un fighetto biondo con gli occhi azzurri negli abissi dell’oceano atlantico, prima o poi. Leo che stava con lei, poi, che a noi tutte pareva un cesso e ci faceva pure pensare che, sì, insomma, che fosse possibile. Io credo persino che molte mie coetanee alla loro prima chiavata in macchina abbiano sbattuto la mano sul finestrino appannato per puro spirito emulativo (no, io non l’ho fatto). Cioè Titanic per quelle come me è come Fantaghirò, vojo dì, non si può non averlo visto e amato, eravamo in prima media, cazzo, e Leo era ovunque sui nostri diari, sulle nostre t-shirt, sui nostri canali tv e, quel che è peggio, sulle pareti delle nostre camerette putrescenti da pre-adolescenti alla deriva. I miei cugini avevano soprannominato la mia camera “la galleria degli orrori”, nella quale poster a dimensione reale del beniamino, si alternavano a ritagli della migliore stampa italiana (Gente, Chi, Oggi, Cioè, Top Girl). Bei vecchi tempi. A questo punto potrei confessare a chi era dedicata la 4a parete della mia camera da letto, la parete minore, quella più piccola, nella quale era stato declassato il mio beniamino di quando avevo 9 anni. Ebbene potrei confessare che si trattava di un “cantante” italiano caduto in disgrazia, dimenticato dai più, ma che nel bene e nel male segnò anche la mia prima esperienza live, accompagnata da papà. Però, non lo dirò. Perché un minimo di pudore, in fondo, ce l’ho pure io.

E montare sul motorino di Zia Vagina dopo cena, avendo la gonna per di più, a complicare un’operazione già di per sé ardua, a giudicare dal mio livello di agilità paragonabile a quella d’un tricheco. Senza contare che l’operazione giustappone le mie nudità alla mercé dell’uomo qualunque. Montare sul motorino e tenersi forte mentre si taglia il freddo – o il freddo taglia noi – e pensare che a me andare in motorino me piace, anche se io un motorino non l’ho avuto mai perché i miei rientrano in quella categoria di genitori per cui se hai un motorino, automaticamente, muori ammazzato tragicamente. Però sono sempre andata in motorino con terzi. Ma questo, credo, non urti le loro coscienze genitoriali.

Rientrare a casa a mezzanotte e farsi la doccia, la piastra, la manicure, la pedicure, perché i secondi sono contati prima della partenza e ci sono ancora troppi regali da fare, troppe multe da pagare, troppi progetti da aprire, troppi sogni da chiudere, troppi bagagli da preparare e minchiate da impacchettare e sì, sì io dimenticherò sicuramente qualcosa.

Spero solo che sia la cosa giusta.

8 commenti Aggiungi il tuo

  1. Bullbé ha detto:

    ok ora orgoglio o no, voglio sapere chi è quel cantante italiano andato in malora…masini tozzi raf o ramazzotti? mi vengono in mente questi quattro….c’ho azzeccato??? sono curioso…

    1. memoriediunavagina ha detto:

      auhauhahuahuahu NO!
      è talmente in disgrazia che non lo ricordi nemmeno.
      GIAMMAI LO DIRò!!! 😀

  2. Bullbé ha detto:

    ok allora è massimo di cataldo…

      1. Bullbé ha detto:

        ahahhahahahahaha

  3. Aragorn ha detto:

    Dei migliori ritaglia della stampa italiana hai dimenticato il tuo magazine preferito tanto da citarlo perfino ad un colloquio… GRAZIA!!
    Per quanto concerne la quarta parete, cari lettori vi svelerò io il segreto…MARCO MASINI!

    1. memoriediunavagina ha detto:

      senti bbbello, piantiamola di dire minchiate eh! marco masini sor’t! 🙂

  4. Francesco Nea ha detto:

    Zia Vagina = Big Heart

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