Mi è successa una cosa terribile: sono cambiata.
Me l’ha detto mia madre, che sono cambiata. Se te lo dice tua madre ci devi credere per forza.
Quoque io, poi, che i cambiamenti li detesto e li soffro completamente, e di questo mi vergogno, perché sarebbe così cool essere una fedele adepta di Cambiology, la setta di tutti i self-made-startuppercazzo, quelli che dicono sempre che a cambiare non ci vuole gnente, che basta avere il coraggio, che trasferirsi dall’altra parte del mondo e fare miliardi inventando una cagata è più facile che cambiarsi il tampax. Sono sicura che ne conoscete anche voi soggetti così, perché tutti ne conosciamo almeno uno, di cambiologist.
Sono cambiata, forse è vero. Ha ragione mia madre.
In spiaggia metto la protezione solare; farmi il bagno non è una priorità, tanto più se il mare non è oggettivamente pulito e se l’acqua non ha una temperatura sufficientemente confortevole; se mangio ripetutamente schifezze, inizio a sviluppare un’impronunciabile voglia di insalata o di verdure; mi piacciono le vellutate; mi piacciono i centrifugati; mi piace la cucina fusion; mi piace riuscire ad andare in palestra e vado in una palestra assurdamente costosa; evito la birra, specialmente la Raffo, se no poi mi gonfio e stommale, e lo so che così disonoro la mia tarantinità, pazienza, Taras figlio di Nettuno se ne farà una ragione; uso lo zucchero di canna e se non c’è lo chiedo; se bevo vodka di infima qualità il giorno dopo mi riprendo intorno alle 21, e comunque mai del tutto; se sto in piedi a ballare per 5 ore, mi stanco; uso sempre troppi inglesismi; mi capita persino di dire “figa“, “figa” al posto di “cazzo” o di qualsiasi altra plausibile parolaccia. Tipo a luglio dicevo in continuazione “Figa, che caldo“. Fa orrore. Faccio orrore, ma è così (comunque sto già lavorando per correggere questo bug nel mio sistema lessicale).
Sono cambiata.
Non ho più una casa a Taranto. I miei amici per la metà non tornano più e io stessa ci sono stata solo una settimana. Mi guardavo intorno e mi sembrava che l’unica cosa bella fossero i ricordi che in quel luogo ho. Le persone del mio passato, che a volte ritrovo e a volte no, e qualche brandello di presente. E tutto il resto che decade, rapidamente. Che si svuota, che si spopola, che si spegne, che si consuma, che invecchia, schiacciato dal peso di un abbandono inesorabile.
Sono cambiata.
Non odio più Milano. Ne riconosco le innumerevoli contraddizioni, e aberrazioni, e alienazioni. Ma Milano è fermento, è linfa, è faccende, agende, deadline e feedback e io ci sto dentro. Milano è un puzzle imperfetto e incompleto, nel quale ci si può incastrare oppure no. Milano è un inventario pressoché inesauribile di stimoli e opportunità, basta saper cogliere.
Me l’ha detto mia madre, che sono cambiata. Se te lo dice tua madre ci devi credere per forza.
Quoque io, poi, che i cambiamenti li detesto e li soffro completamente, e di questo mi vergogno, perché sarebbe così cool essere una fedele adepta di Cambiology, la setta di tutti i self-made-startuppercazzo, quelli che dicono sempre che a cambiare non ci vuole gnente, che basta avere il coraggio, che trasferirsi dall’altra parte del mondo e fare miliardi inventando una cagata è più facile che cambiarsi il tampax. Sono sicura che ne conoscete anche voi soggetti così, perché tutti ne conosciamo almeno uno, di cambiologist.
Sono cambiata, forse è vero. Ha ragione mia madre.
In spiaggia metto la protezione solare; farmi il bagno non è una priorità, tanto più se il mare non è oggettivamente pulito e se l’acqua non ha una temperatura sufficientemente confortevole; se mangio ripetutamente schifezze, inizio a sviluppare un’impronunciabile voglia di insalata o di verdure; mi piacciono le vellutate; mi piacciono i centrifugati; mi piace la cucina fusion; mi piace riuscire ad andare in palestra e vado in una palestra assurdamente costosa; evito la birra, specialmente la Raffo, se no poi mi gonfio e stommale, e lo so che così disonoro la mia tarantinità, pazienza, Taras figlio di Nettuno se ne farà una ragione; uso lo zucchero di canna e se non c’è lo chiedo; se bevo vodka di infima qualità il giorno dopo mi riprendo intorno alle 21, e comunque mai del tutto; se sto in piedi a ballare per 5 ore, mi stanco; uso sempre troppi inglesismi; mi capita persino di dire “figa“, “figa” al posto di “cazzo” o di qualsiasi altra plausibile parolaccia. Tipo a luglio dicevo in continuazione “Figa, che caldo“. Fa orrore. Faccio orrore, ma è così (comunque sto già lavorando per correggere questo bug nel mio sistema lessicale).
Sono cambiata.
Non ho più una casa a Taranto. I miei amici per la metà non tornano più e io stessa ci sono stata solo una settimana. Mi guardavo intorno e mi sembrava che l’unica cosa bella fossero i ricordi che in quel luogo ho. Le persone del mio passato, che a volte ritrovo e a volte no, e qualche brandello di presente. E tutto il resto che decade, rapidamente. Che si svuota, che si spopola, che si spegne, che si consuma, che invecchia, schiacciato dal peso di un abbandono inesorabile.
Sono cambiata.
Non odio più Milano. Ne riconosco le innumerevoli contraddizioni, e aberrazioni, e alienazioni. Ma Milano è fermento, è linfa, è faccende, agende, deadline e feedback e io ci sto dentro. Milano è un puzzle imperfetto e incompleto, nel quale ci si può incastrare oppure no. Milano è un inventario pressoché inesauribile di stimoli e opportunità, basta saper cogliere.
Sono cambiata.
Sono meno spensierata, più adulta, più empatica, meno incazzata. Non che io sia mai stata spensierata, ma manco a 16 anni. Sono stressata, come tutti, ma secondo me di più. Mi chiedo che vita voglio vivere, dove e con chi. Forse per la prima vera volta.
Sono meno spensierata, più adulta, più empatica, meno incazzata. Non che io sia mai stata spensierata, ma manco a 16 anni. Sono stressata, come tutti, ma secondo me di più. Mi chiedo che vita voglio vivere, dove e con chi. Forse per la prima vera volta.
Sono cambiata.
Ha ragione mia madre.
Però riesco ancora a dire quello che penso e non quello che sarebbe giusto dire.
Però riesco ancora a dire quello che penso e non quello che sarebbe giusto dire.
Riesco ancora a nuotare fino alla boa con mio padre.
Riesco ancora a mangiare bombette con salame piccante e provola affumicata. E panzerotti fritti. E burratine come se non ci fosse un domani. E forse sono persino un po’ intollerante al lattosio ma questo, per evitare un definitivo crash della mia identità, preferisco non indagarlo.
Sono cambiata ma resto ancora fino a tardi a parlare con mia madre; faccio ancora l’alba d’estate con i miei amici; passeggio in campagna con i miei cugini parlando delle nostre vite, dell’Ilva, di Renzi.
Sono cambiata ma mi stendo ancora a terra, su un asciugamano, su una piazzola di cemento sul Mar Piccolo. E fumo guardando il cielo buio, e le luci della città, e l’industria, e il Ponte Punta Penna, e le barche dei pescatori.
E milioni di milioni di stelle.
E l’acqua inquinata che lambisce i bordi frastagliati della nostra vita, i nostri irrisolti, i dubbi aperti nell’anima stanca.
E fa freddo.
Ed è umido.
E chissà quanti topi.
E milioni di milioni di stelle.
beh… i posti e la vita cambiano…
eggià…
“Riesco ancora a dire quello che penso”.
Non smettere mai.
prometto! 🙂
(…)”Riesco ancora a nuotare fino alla boa con mio padre”(…)
[*ho pianto*]
“E milioni di milioni di stelle.”
Cambiano solo abitudini e la sensibilità diventa sempre più acuta e maledettamente attenta.
Gia’ il tempo passa per tutti……anche io lo sono e rispetto a te ancora di piu’….visto che fra poco meno di un anno mi si presentera’ il fatidico giro di boa……avro’ 50 anni e dovro’ tirare le somme della mia vita….oddio ma quali somme????? Certe volte mi sento ancora una ragazzina o almeno cerco di aggrapparmi finche’ posso e il fisico ancora me lo permette…….comunque auguri e ti seguo sempre…. i cambiamenti aiutano a crescere……
grazie mille maria grazia! e il modo in cui ci sentiamo è importante tanto quanto – talvolta anche di più – di quello in cui siamo 🙂
che non so se sia un bene o un male, ma vedrai che questi 50 saranno ottimi!
dev’essere come dici tu, dev’essere :*
In foto mi fai paura …..nel senso che somigli molto ad una mia fidanzata del passato, barese. E non ti offendere se ho detto barese, era comunque (e credo lo sia tuttora) una bella donna 😜
Per il resto …..il cambiamento è inevitabile, sono le nostre vite a cambiarci, unitamente agli ambienti in cui viviamo. E i luoghi della nostra infanzia e gioventù, quanto facevamo in quelle età, diventano mitologici nei nostri ricordi ma anch’essi cambiano; nulla ritorna, ricordiamoli con affetto (e magari anche un po’ di malinconia, come si fa con i vecchi amori dissolti chissà dove e chissà perché) ma non cerchiamoli più perché la loro nuova veste ci deluderebbe.
molta, molta saggezza in te, fedi, come sempre d’altra parte.
Da una prima analisi direi che sei diventata definitivamente adulta ma conservando dentro la ragazzina che sei stata. Un’evoluzione sana e normalissima.
Però vorrei farti un paio di appunti: “figa” no, non si può sentire. Quando vivevo a Brescia i primi tempi rimanevo di sasso all’intercalare, è crudo una cifra.
Renzi. RENZI?? Ma parlate d’altro, figa!
Poi: io i Tanpax li ho sempre trovati brigosissimi da mettere.
Poi ti abbraccio forte.
Zia
Spesso dipende da tono e timbro della voce, oltre che dall’inflessione. Immagina “figa” detto dal Ranzani 😜
In una vecchia attività avevo una socia che usava “cazzo” come intercalare e come aggettivo ogni due parole (la cazzo di porta, il cazzo di telefono ecc ecc), il risultato era di una volgarità impressionante.
E sì che “cazzo” suona sempre innoquo. Non proprio da gran dama ma innoquo.
ahahahahaha anche io zia…cioè mi sento sempre a metà tra un chirurgo e una baldracca navigata, ma a volte anche adolescente inesperta, nei momenti clou!
ps: qualche anno fa il nostro topic preferito era nichi vendola…e il suo sinistra ECOLOGIA e libertà. pace all’anima sua.
le mamme sanno sempre tutto e se mia madre mi dice che sono cambiata, non so mai se cadere nello sconforto o pensare che finalmente sono qualcosa di migliore. il fatto che lei sappia vedere attraverso me, meglio di me mi spaventa ma allo stesso modo mi rende consapevole del suo sguardo attento, amorevole e completamente disinteressato. se mia madre mi dice che sono cambiata allora devo fare maggiore attenzione a cosa sono o cosa penso essere… ma non mi spaventa il cambiamento, in fondo può essere sinonimo di evoluzione no?
un caro saluto.
sì, teoricamente sono perfettamente d’accordo. poi nella pratica succede che dal cambiamento io mi lasci scompensare.
ma su questo ci sto lavorando.
e sì, capisco perfettamente cosa intendi dire, quel timore e insieme stupore, quando t’accorgi che qualcuno – senza secondi fini – continua a leggerti attraverso.
un abbraccio.
sei mitica, l’importante è lavorarci su.
mi sono comprata una maglietta sulla quale c’è scritto start somewhere.
già… inizia da qualche parte… ci sto provando pure io… un calorosa abbraccio.
Non vivi più qui. La tua anima non è più qui. Solo i ricordi. Ma Taranto esiste ancora, esiste ancora la sua bellezza, che non sarà più tua, perché non hai il tuo futuro qui, ma il passato. Ben venga per te il tuo nuovo futuro, ma non sputare sulla bellezza di questa città. Basta che il mar Piccolo tu lo veda dall’altra sponda. Basta che pensi a Venezia, una città morta, che vive di turisti, cioè nessuna anima. Basta che pensi che cinquanta anni fa si fuggiva da Milano coi figli asmatici. Ogni luogo ha il suo tempo. Quello di Taranto è sterminato. Perché è il tempo della natura, non degli uomini. E sopravviverà agli uomini. Antonio
Non credo di aver sputato sulla bellezza di Taranto.
E’ che a un certo punto la bellezza degradata risulta brutta, senza soluzione, in peggioramento.
Questo non tange il mio amore per la città che custodisce, come tu dici, il mio passato e non il mio futuro.
Questa è una pura, e amara, constatazione dei fatti. E guardare il mar piccolo dall’altra sponda è un buon espediente emotivo, quindi non prettamente razionale.
E in quel macabro circo con infinite vittime e impuniti carnefici forse è giusto vivere la nostra unica vita in un luogo il cui futuro non sia sterminato.
Ma è solo una delle tante idee che mi ronzano in testa…
Eh sì cara vagina, il nostro posto non è più Taranto ma Milano. Ammettiamolo con tranquillità, e questo non vuol dire rinnegare il nostro passato ma accettare con maturità il nostro presente. Taranto rimarrà il luogo in cui il nostro cuore si sente a casa ma il nostro presente e forse il nostro futuro non è lì.
essenziale e impeccabile.
Un po’ si chiama crescere, un po’ fare di necessità virtù.
In ogni caso, rimani sempre un mondo bello da scoprire.
Per favore, però, smetti di dire “figa”! “Cazzo” suona moooolto meglio! ♥
ahahahaah e poi cazzo possiamo intenderlo come un buon auspicio anche.
a forza di invocarlo, arriverà.
Io quest’anno ho saltato persino quell’unica settimana a Palermo.
Ho pensato “No, devo lavorare, mi porto avanti. Papà vacci tu con la mamma.”
Ho perso persino l’infanzia, forse..
più che altro perché l’hai fatto per lavorare… 🙂
intanto, un abbraccio
che fa sempre bene! 🙂
❤
Pensa che tutto questo l’ho vissuto e rivissuto,pianificato,costruito,realizzato e boom…punto e daccapo.
eh. esattamente.
Come già detto da altri, si chiama crescere… e credimi se sei depressa o cmq non spensierata ora aspetta quando arriverai ai 40… Detto questo, dopo sta botta d’allegria, ci sono cmq anche vantaggi nell’invecchiare, si diventa più flessibili e quello che prima vedevamo nero passa al grigio sbiadendosi via via verso il bianco… Io partita da Napoli da 20 anni, vi ritrovo ogni volta gli affetti, i ricordi, la vivacità, il caos, la vita, anche la spazzatura che la grigia e noiosa Bruxelles non avrà mai…
Coraggio, sei figa! 😉
si si ma non mi sento scoraggiata, cioè, sia chiaro 😀
Che odio i cambiologist…..
finalmente qualcosa intercetta il mio messaggio…
Ciao VAGONATE,
Non ti conosco e mi sembra di si.
Perché con i tuoi racconti ci fai vedere i tuoi pensieri, la tua vita e forse anche un pezzettino della tua anima.
E cosi ci leggo dentro le mie sedute di autoanalisi, le risate con le amiche, le mie partenze e i ritorni.. la.solitudine di milano
i giorni di disperazione.. una lunga notte che sembrava senza fine..
E così ora quando Gmail mi avvisa che è arrivato un tuo post non lo leggo subito..
Aspetto di essere sola
Che mia figlia dorma
Che mio.marito sia in palestra
Aspetto il silenzio intorno, come si aspetta una cosa da godere a pieno.
E ti leggo
Con curiosità e foga
Perché è questo che dovrebbe fare uno scrittore. Farti sognare, immaginare, divertire e piangere.
In una parola: emozionare.
E.per questo.. semplicemente grazie
minchia mi hai fatto venire i brividi.
grazie a te, di cuore, di dirmi queste cose.
davvero ❤
Bello, ma angosciante.
Sarà che son solidale sul non amare i cambiamenti.
guarda sorella, fondiamo un club se vuoi.
il problema tuttavia è che le cose cambiano anche se non amiamo che cambino.
e noi come le cose. cioè in maniera divera, ma succede anche a noi.
e in qualche modo dobbiamo amarci come eravamo, ma anche come siamo diventate. o almeno credo 🙂
“Il passato è solo una storia che raccontiamo a noi stessi”. È una citazione tratta dal film Her. E credo sia adatta. Continua a raccontarti il passato e a portarlo dentro di te. Ma quel che sei ora e quel che sarai è qualcosa di necessariamente diverso.
Un abbraccio, Vagy.
così giovane, così saggia ❤
E ora mi sento improvvisamente vecchia! 😀 ❤
In realtà volevi semplicemente renderci noto che hai usato la piastra.
No?
E comunque non è “figa” la pronuncia esatta è “feeeeega”.
Ok la smetto.
Dici che vivere a uno stivale di distanza da casa a venti e rotti anni, da sola, facendoti un culo quadro, con un clima bastardo completamente diverso dal sud, provando a farti andar bene una città che all’inizio può essere senza dubbio un covo di faine, dici che tutto questo ti ha cambiato?
Giura?!
OT anni addietro conobbi una ragazza coreana, adottata da una famiglia brianzola; parlava proprio come il Ranzani o lo Zampetti (gli articoli davanti a nome o cognome sono “obbligatori” in meneghinolandia). Lei lo direbbe proprio così: feeeega
Ma lei è stata adottata in fasce, al contrario di nostra nipote
Il Ranzani. Che mito.
ahahahaah ma non mi ha spezzata lupo, non mi ha spezzata!!! (per ora almeno :))
ah, ovviamente sulla piastra ci hai stra-preso!
Sei cambiata? No, sei sempre la stessa. Adesso osservi la vita con un altro occhio più distaccato e più disincantato. Perché ti senti cambiata? Quando torni a Taranto noti la differenza, e ci vuole poco, con Milano. Torni e la vedi con altro occhio. Non è più la stessa di quando avevi 16, 18, 20 anni. Hai sensazioni diverse, tutto qui.
Non odi più Milano? Semplicemente l’hai accettatta con pregi e difetti, che ha in gran quantità. Mentalmente e psicologicamente capisci che è ul’altra realtà. Non sarà mai la tua città ma saprai convivere con lei.
un’analisi eccellente alla quale non posso aggiungere nulla 🙂
Uh! che complimento. Ciao 😀
non dico felice……………..ma non sembri neppure serena…………mi dispiace piccola !!!
e vabbè capita 🙂
Cacchio (figa) sono cambiata!
Sei cambiata ha ragione tua mamma , in meglio sicuramente!
tu dice?
ma poi si possono usare così tante intonazioni diverse…
Sei bella
grazie 🙂
Ho letto tutto senza respirare…..poi….la RAFFO. No, non lo accetto. Non puoi farlo.
Torna in te!!!!!!!!!!
e senti no parliamone è un problema vero questo per me…cioè io mi gonfio come una mongolfiera ripiena di luppolo…
Una volta una persona che appena conoscevo è cambiata…eppoi dopo un sacco di tempo…ma proprio un sacco…cioè tipo 50 anni dopo…è morta!!
quando torni mi accorgo che mi sei mancato 😀
Solo cuori per te. Che come espressione mi suona inspiegabilmente nordica e invece sono diversi kili metri più terrona di te!
li accolgo tutti. sono tanti vero?
Tantissimi! (e valgono anche con l’anno nuovo)
…secondo me hai sofferto come un cane quando i tuoi hanno venduto la casa…non hai superato questa lacerazione e ora per difenderti da questo dolore, ti vuoi buttare tra le braccia di Milano…per me non c’entra niente nè la maturità…nè gli stimoli della grande città!! Questa idea di “maturità” non mi piace proprio…somiglia più a grigiume e rassegnazione!! Al posto tuo tornerei di corsa a godermi la tua Taranto!!
beh sì ti dirò è stata una bella botta quella della casa.
ma la vita è fatta di botte e abituarsi a smaltirle fa parte del gioco.
quanto al resto, mai come in questo momento della mia vita mi sono sentita proattiva e poco rassegnata, nel senso sano del termine.
Pero’che bella che sei!
❤ ❤ ❤
Vivevo a Milano da un anno e ti ho conosciuta in preda alla “Sindrome da rientro Terrons”…quella volta avevi detto tu tutto quello che volevo dire io. Adesso leggo che sei cambiata, e sai che c’è? Ancora una volta hai detto tu tutto quello che volevo dire io.
in fondo siamo tutti sullo stesso percorso, in un modo o nell’altro 🙂
“Figa” è molto brianzolo…… come l’hai preso??
Sei cambiata, cosa c’è di male? Sei sempre la solità persona, soltanto un po’ più matura. Ma quando smetterai seriamente di fumare?
lo so pinza, lo so.
non c’ho cazzi adesso. ma so che un giorno mi sveglierò e molto semplicemente lo farò.
“Come si cambia per non morire, come si cambia per ricominciare…..”
“La cambio io la vita che, non ce la fa a cambiare me….”
Fiorella Mannoia o Patty Pravo?
Ci adattiamo alle cose o scegliamo di cambiarle? a seconda delle situazioni compiamo delle scelte, dolorose a volte.
Scegliere di rischiare di perdersi per ritrovarsi. In ognuno di noi c’è il piccolo esploratore, ma c’è anche il pigro bradipo.
Fino a 25 anni il nostro cervello non è del tutto completo e quindi tendiamo ad assorbire tutti gli stimoli dell’ambiente circostante, specie quelli che ci danno piacere perchè la parte frontale del cervello, quella dove ci sono le cellule relative alla riflessività sono meno numerose rispetto a quelle ricettive degli stimoli e quindi siamo più impulsivi e andiamo a mille all’ora.
Invecchiando il rapporto cambia e quindi si riflette di più e ci si pone delle domande (Le teste di cavolo non fanno testo 😉 ).
Quindi è fisiologico cambiare, ma con le modalità di madre natura non secondo quelle pensate da qualche fenomeno a Manhattan e poi scimmiottate a Milano e Roma.
Vedere che le cose “non sono più come le ricordavamo” di solito ci fa male, ma è anche necessario guardarle con l’occhio distaccato e disincantato di chi è cresciuto.
Ma c’è anche il piacere di ritrovarsi con gli amici e con i compagni di scuola e godere in maniera più profonda di quelle emozioni che bruciavamo a 16 anni senza nemmeno rendercene conto.
Geena nemmeno la Raffo è più la stessa. Non è quella che bevevo io nel 1982 al chiosco di Leporano o alla pizzeria di Talsano davanti ad una pizza capricciosa dopo due giri di antipasti e non è nemmeno quella che bevevi tu perchè la proprietà è cambiata di mano e lo stabilimento non è più a Taranto.
Le famose discussioni serali su “è meglio la Raffo o è meglio la Dreher” (pronunciata dreker dai tarantini veraci) 😛
Purtroppo io non digerisco più come prima mozzarelle, panzerotti e burrate.
Però che serate!!!
E’ che dobbiamo evolverci per non morire, ma anche saper tenere sempre a portata di mano l’album dei ricordi, perchè la loro condivisione con le persone che amiamo è fondamentale per la nostra storia personale, per sentirci emotivamente vivi. 🙂
In effetti ho cominciato a seguirti dopo lo strepitoso post di “quelli che non leccano” e oggi ti trovo cambiata. Però mi piaci uguale, anche in piena sindrome da Inside Out.:)
Ciao concittadina, in questi giorni mi hai molto ispirato, ad aprire un blog e commentare questo tuo post, passo dopo passo.
http://hytok.altervista.org/il-mio-blog-da-oggi/
http://hytok.altervista.org/sono-cambiato/
Ciao Filippo! bene! son contenta di averti ispirato! scrivere è un atto ottimo!
Cambia quanto vuoi ma non abbandonare mai questo fantastico blog!:)^^
mi impegnerò, lo prometto! 🙂
la mia autrice preferita dice che invecchiando diventiamo soltanto più simili a noi stessi. A trent’anni non mi curo più ad esempio di censurare quello che penso. Per chi non piaccio quella è la porta….chi resta nella mia vita adesso è molto coraggioso e molto amato!
❤
L’ha scritto a quattro mani con Vasco Brondi, dica la verità! 🙂
ahah non l’ho mai ascoltato vasco brondi, devo essere onesta.
Vabe’… e quindi? Tolta la retorica, cosa c’è di particolare, di strano, di notevole in tutto ciò?