“Le persone cambiano, impara ad accettarlo“.
Me l’ha detto mia madre, qualche giorno fa. Ero dai miei, in visita settembrina. Insieme a noi c’era anche mia zia, che era venuta in trasferta dalla Puglia con furore, carica di prelibatezze casearie e amore familiare. Eravamo solo noi tre, sul terrazzo, dopo pranzo, mentre gli uomini di casa erano – come da tradizione – preda della narcolessia postprandiale. È sempre così, dopo i nostri banchetti ipercalorici. Dopo i dolci e l’amaro, i maschi si dileguano al grido di: “Andiamo a fare un servizio” e “Mò veniamo“. Si scompaginano sui letti, i divani, le sdraio, le amache, i dondoli, fondamentalmente qualsivoglia superficie orizzontale e confortevole a disposizione, e fanno il “riposino”.
Nel frattempo, noi donne sparecchiamo, distribuiamo gli avanzi nei tupperware, facciamo il tetris in frigo, laviamo i piatti, asciughiamo le stoviglie, mettiamo ordine, spazziamo per terra. Poi a un certo punto quelli si svegliano e facciamo il caffè (spesso, a onor del vero, se ne occupa mio zio). Potrebbe sembrare una distribuzione sostanzialmente sessista del lavoro domestico, e infatti lo è, ma cosa volete farci, siamo gente del sud. Oggi, rispetto agli anni della mia infanzia, della mia adolescenza e della mia adultescenza, buona parte di queste mansioni sono passate a me, che prima ero quella “piccola“, mentre ora sono “quella più giovane“. Talvolta, per una questione di puro principio, interpello i miei cugini e dico loro: “Prendete lo strofinaccio, io lavo, voi asciugate“. Protestano per scherzo, e poi eseguono, ben attenti a dileguarsi appena possibile.
Ad ogni modo, ho sempre amato quel momento, dopo pranzo. Quell’oretta in cui siamo solo io, mia madre e mia zia. L’ho sempre trovato un intermezzo squisitamente matriarcale, nel carosello della nostra famiglia. In quel frangente ci sfoghiamo liberamente, ci confortiamo, spesso ridiamo. A volte facciamo un po’ di “taglio e cucito“, cioè spettegoliamo. Il curtigghio, direbbero a Palermo. Puntualmente, ci diamo consigli, su qualunque cosa. Ci ascoltiamo. Sdrammatizziamo. Mettiamo in prospettiva. Cresciamo, persino ora che siamo adulte, o – nel loro caso – forse posso dirlo – oddio che ansia – anziane.
Ascoltandole parlare, e parlando con loro, negli anni, ho capito quanto sia prezioso e necessario farlo: parlare tra donne, con fiducia e sincerità, intrattenere un dialogo capace di attraversare le generazioni. D’altra parte, è sempre stato così, nella storia, tranne che negli ultimi tempi. Quando si sono sposate le nostre nonne, per esempio, in un’epoca in cui i matrimoni erano perloppiù combinati, nessuna donna si aspettava di trovare il pieno appagamento emotivo nonché un’enciclopedica comprensione delle paturnie femminili, nel proprio compagno. Figurarsi! Erano le amiche, le sorelle, le cugine, a occuparsi di questo. Erano le donne a sostenersi e a fare network tra loro. Mia madre e mia zia, che i mariti se li sono scelti, in qualche modo fanno ancora così. Io e le mie amiche, che siamo evolute, molto busy e indipendenti, ne abbiamo ugualmente bisogno. Non vuol dire che non vogliamo stare con i nostri compagni, o con i nostri figli, o con i nostri padri, o con i nostri amici maschi. Vuol dire, semplicemente, che abbiamo bisogno di preservare questo aspetto della vita. Che, ogni tanto, dobbiamo fare un Tette a Tette, perché farlo ci fa bene.
E invece, spesso, le amiche che si fidanzano diventano più difficili da vedere. Quelle che si sposano, non parliamone neppure. Quelle che si riproducono, addio. E quelle che non spariscono, comunque, diventano un’altra cosa. Ti schedulano lo slot di due ore, dalle 19 alle 21, al martedì sera, oppure alla domenica con beneficio di pacco. Ti fanno una concessione, nella fittissima agenda della pianificazione coniugale dell’esistenza. Ottemperano sbrigativamente a un dovere socio–morale, e mentre parli controllano i messaggi che hanno ricevuto da lui, e iniziano a parlare alla prima persona plurale. Una roba che ti fa passare la voglia. Una roba che forse spiega perché alcune mie amiche non mi scrivono più.
La verità, infatti, è che persino io, che in sei anni mi sono appuntata nella mente un lungo elenco di cose odiose che non avrei mai dovuto fare qualora mi fossi fidanzata; persino io che non ho figli, né animali domestici, né piante; io che umilmente convivo nella clandestinità (fuori dal sacro vincolo del contratto co-intestato), sono diventata più difficile da reperire. Persino io, alla domanda “Mangiamo qualcosa insieme?“, sono stata capace di rispondere “No, per cena raggiungo lui“. Ho negato qualche ora del mio tempo ad amiche con cui c’eravamo offerte per anni viscerale supporto e costante presenza (perlomeno su whatsapp). E perché? Per un pene che era nella mia vita da cinque minuti. Colpevole. Ingrata.
“Anche tu sei cambiata“, ha aggiunto mia madre, a un certo punto, quando protestavo perché lei è cambiata, e questo mi disorienta, perché anche se ho 32 anni suonati mica capisco come si permetta di farlo.
Anche io sono cambiata. Quanto tempo è passato dall’ultima volta che ho fatto una serata, da sola, con un’amica? Serata intendo, non pausa pranzo, non rapido aperitivo, non “più tardi ci raggiunge lui“. Sono uscita, naturalmente. In tre. In quattro. In sei. In otto. Ma se il numero era due, l’altro era il mio compagno. Da quanto tempo? Settembre? Agosto? Luglio? Troppo. Mi manca. Vedo spesso coppie, etero e gay (mi piace precisarlo per sfoggiare il mio provincialismo), single uomini, single gay. Ma le serate al femminile non le faccio più, cazzo.
Bisogna anche dire che quando mi sono innamorata non ero pronta a gestire quel surplus emotivo. Senza una strategia, ha agito l’innamoramento primordiale, non mediato, quella specie di tossicodipendenza iniziale nella quale hai voglia di passare un’infinità di tempo con il tuo partner, e lasciarti inghiottire dai fumi della passione, e perderti, e trovarti, e scoprirti, e deliziarti della freschezza di quel portentoso sentimento. In quei momenti di obnubilamento sensoriale, tutto ciò che non sia stare insieme, possibilmente ignudi e intrecciati, appare meno appetibile, meno necessario. Tutto regolare. Capita a chiunque. È comprensibile. Ma poi, cosa succede dopo? L’uscita con le amiche come viene relegata? Ogni due settimane? Una volta al mese? Sentirsi ogni tre mesi? Vedersi ogni 3 anni e commentare quanto siamo invecchiate o, in alternativa, quanto siamo assurdamente magre? Riusciamo a incastrarla quando gli uomini sono via per lavoro? Quando vanno a giocare a calcetto? Quando escono per le prove con la band, che sono l’ultimo retaggio della loro gioventù, l’estrema resistenza all’inesorabile processo di imborghesimento familiare?
Lo chiedo, perché non lo so. E mentre me lo domando, realizzo che le mie due migliori amiche le ho viste da sole, senza i rispettivi compagni accanto, negli ultimi dieci anni, solo in due occasioni: ai rispettivi addii al nubilato (gli unici della cui onta io mi sia macchiata). È come se, nel momento in cui comparisse il pene, sparisse la dimensione femminile. E invece quella ci serve. Sempre. Ancora. E non solo perché in quei frangenti parliamo di cose da femmine, ma perché il dialogo femminile ci offre un’empatia che non possiamo trovare altrove. Dovremmo vederci, parlare, raccontarci, commentare l’attualità e la politica. Dovremmo discutere di frivolezze e di diritti, del passato e soprattutto del futuro. Esorcizzare l’ansia e le aspettative sociali. Darci coraggio. Fare rete, network, tessuto sociale.
Oggi mia madre mi ha chiamata. Mi ha raccontato che ha sentito mia zia.
“Le hanno fatto bene, questi giorni insieme“, mi ha detto.
Anche a me ha fatto bene. Anche a mia madre, hanno fatto bene.
E stasera, che sono tornata a Milano, vado a fare un “tette a tette”.
E, santo cielo, non vedo l’ora.
un abbraccio!!
Sono stata l’ultima a ‘fidanzarsi ufficialmente’ tra le mie amiche, sono quindi sempre stata vittima dei loro ‘no oggi vedo lui/no oggi andiamo al cinema/no oggi lui sta male gli faccio compagnia’ e ho promesso a me stessa che mai avrei fatto una cosa simile se mai mi fossi fidanzata anche io. Il fidanzato arriva, mi sposo pure, e beh…sono ancora l’unica sempre reperibile, pronta a lasciare il marito a casa da solo -PERCHè TANTO NON MUORE- ed esco con le mie amiche, si…una volta al mese una, una volta ogni 5 mesi l’altra, una volta all’anno tutte insieme. Io ho mantenuto una promessa fatta a me stessa, ma forse…fa più male che bene.
Sentirsi cosi marginali nella vita di quelle che dovrebbero essere le tue migliori amiche fa male, ma se penso di diventare cosi mi cadono i capelli.
Mi sa che non c’è una risposta esatta: i rapporti diventano quello che noi li dirigiamo a essere.
Ho amiche sposate con cui coltivo un’intensa corrispondenza di sensi telefonici e spesso mi incastra per un’ora in inserimenti al nido e cose così, ma con due bimbi piccoli è già tanto sia così;
ho amiche lontane con cui ci si manda podcast su wapp di una lunghezza imbarazzante: entri in doccia, spari a palla l’audiolibro, poi rispondi durante un tragitto in bicicletta (a volte fai anche la prova generale: quando credi sia partita la registrazione e ti sei rimessa il telefono in tasca e invece no. Si rifà)
per le serate a tempo indeterminato ci si organizza, si esce, poi all’una-massimo-due nessuna di noi articola più correttamente. Se prima era l’alcol, ora è il sonno.
Però il tempo da dedicarsi tra “tette” (le mie acquistano volume almeno con le virgolette) serve, anche se adesso lo si amministra più come una terapia che come una vacanza 🤷🏼♀️
E’ questione di relazione tra tempo e priorità. Alla comparsa del pene (come dici tu) o di una vagina (nel caso maschile) il tempo disponibile si assottiglia, le priorità cambiano…perché se è vero che è necessario passare del tempo tra amiche/amici, è anche vero che si ha bisogno di peni e di vagine…anzi, più trascorriamo il nostro tempo con gli amici/amiche, più cresce in noi il desiderio, e quindi la necessità, di reperire un pene (o una vagina) perché è proprio quello che ci manca. Quando poi lo otteniamo, abbiamo l’effetto “sbornia”…e ciao ciao a tutti.
Le persone cambiano…di solito in peggio.
mah guarda non è vero che ci si sposa e si sparisce. mi sono sposata, ho avuto una figlia, ho divorziato e per le serate con le amiche ci sono sempre stata. E incredibile alle serate sono sempre presenti quelle sposate, conviventi, con figli (guadagnando il tempo libero grazie alle babysitter ) mentre le single rispondono “no stasera no, faccio tardi in ufficio”, “guarda il lavoro mi ha ucciso questo week end risposo” e spariscono vivendo tra casa e ufficio.
Le brevi storie che ho avuto non mi hanno mai allontanato dagli impegni con le mie amiche, quelle che ci sono state prima, durante e dopo il pene. È un bisogno necessario, come avere spazi solo per me, è un dovere verso loro. Io sono una forte sostenitrice del “volere è potere”, non vale per tutte le situazioni, ma in queste sì, perché prima di essere Noi (massimo non ci stiam rivolgendo alle nostre mille personalità) c’è un Io e ci sono i nostri principi e i nostri valori. È da quando son adolescente che mi impongo di essere diversa da quelle che reputavo mie amiche, sparite alla comparsa del pene sommo e ho mantenuto la parola. Alcune di loro son ancora fidanzate, altre perse nel limbo, io di nuovo single. Questa però è un’altra storia 😀
P.s. le persone non cambiano, si rivelano
Parli bene tu che sei single e senza figli…
Io sono sposata con un figlio e senza più i miei genitori…Le situazioni cambiano e le persone evolvono e cambiano. Mai dire nella vita io non farò mai questo, non farò mai quello giudicando gli altri. Trovati nelle situazioni e poi vedrai
Per scelta, mi sono trasferita da Bari a Pisa durante l’università, da poco, per seguire il mio compagno dalla Toscana alla ridente Milan. Così ora le mie amiche sono sparse per lo stivale (spero che a Salvini non venga in mente di chiudere anche le stazioni altrimenti mi mette in difficoltà). Appena posso mi prendo un fine settimana per correre da loro, sembra una follia ma lo faccio proprio per quel bisogno di cui parli, di confronto, di sfogo, di empatia con le ragazze che ora stanno diventando donne di famiglia. Anche quando il mio compagno decide di scortarmi in queste gite fuori porta mi lascia sempre dei momenti tette a tette con le mie amiche, lo fa socializzando e fraternizzando anche lui con i loro compagni con i quali, non so se per fortuna o per la sua grande intelligenza, va d’accordo e trova sempre argomenti per lasciare che io possa liberamente “confidarmi” con le ragazze 😉
Brutto da dire ma si passa in secondo piano. Prima viene tutto il resto, anche le mamme conosciute a scuola. Ad un certo punto capisci che sei una formalità e saluti.
Il tetris nel frigo è autentico genio, te lo rubo e me lo rivendo alla prima occasione.
Quanto alla questione in oggetto, se capitava che qualcuno eccepisse sui miei pur sporadici rendez-vous con le vecchie amiche, dire con nonchalance che non potevo rinunciare alla mia serata lesbica del venerdì li ha sempre messi tutti KO… ☺️
Le serate tette a tette mi mancano come l’aria
Tra lavoro, compagno possessivo e genitori anziani e acciaccati, non ho un momento per me
E il momento per me erano le uscite con le amiche. Che fosse un caffè o una birra, non fa differenza
ovviamente da maschietto. leggo e memorizzo. Mia moglie, se voleva o vuole uscire con le amiche, non ho mai posto obiezioni. Mi sa che la prigra sia lei.
Anche diverse mie amiche sono sparite appena hanno raccattato un pene. (Posso capire sparire perche’ si hanno figli, ma per un pene non si dovrebbe rinunciare alle amicizie) (posto che i peni non rinunciano mai alle loro partite di calcetto o birre del venerdi’ sera).
Quando sono state scaricate/hanno scaricato/divorziato/ecc. , le tizie sono tornate.
La gente ha la tendenza a cercare gli altri non per vero interesse all’ altro ma solo quando si sente dannatamente sola.
Per un po’ ho accettato questo via-vai, poi ho smesso e sono sparita io. Non ho piu’ fatto la dama di compagnia per disperate sole.
L’ amicizia o c’e’ o non c’e’.
(Parlo in generale, non e’ assolutamente una critica a te che in questo ultimo anno sappiamo hai lavorato tantissimo).
Baci.
La vera ragione per cui la mia singletudine è finita è stata la nascita di due gemelle; negli intervalli di lucidità che mi lasciavano ogni tanto gli ormoni, la stanchezza e l’ansia capivo che tra me e le mie amicizie di “prima” c’era ormai un fossato, pieno di coccodrilli. Se cercavo di uscire qualche volta con loro (grazie a nonne o baby sitter) mi rendevo conto che io avevo bisogno di puntualità e precisione, che loro naturalmente non potevano garantirmi; capivo che loro erano su una giostra su cui io non riuscivo più a salire, e ormai me ne sono fatta una ragione. Non è colpa di nessuno, semplicemente è così. Però è un peccato che gruppi dei single, dei non single e dei genitori formino delle comunità con così pochi scambi: sarebbe più sano e più appagante per tutti, ci manterrebbe in generale più ancorati alla realtà se potessimo mescolarci e parlarci e capirci.
Ma “naturalmente” perché? La puntualità non è questione di stato di famiglia ma di organizzazione e rispetto. A me succede lo stesso con le amiche accoppiate, c’è sempre un problema dell’ultimo minuto che non si poteva proprio rimandare.
Le suddette amiche arrivano regolarmente tardi anche alla lezione in palestra? Al cinema? Al corso di cucina brasiliana? Forse no.
E allora mi vengono in mente due cose, la prima è che se ci tieni potresti far presenti le tue esigenze di puntualità, la seconda è che se comunque non cambia niente, forse non stai perdendo gran che.
Mi sono commossa.
Io sono 13 che lesino tempo alle mie amiche.
È ora che si cambi.
Ti seguo da tanto e ti adoro. Ti leggo e mi sembra di essere una tua amica con cui condividi i tuoi pensieri. Sei diretta ma mai maleducata. Amo scrivere e ho un blog da poco, ti volevo ringraziare perché sei un esempio e un’ispirazione.
❤ ❤ ❤ in bocca al lupo! e grazie a te!
In questo post, secondo me, si evince la vera differenza uomini e donne (e ciò che impedisce alle donne di fare il salto di qualità).
Gli uomini, se sani ed equilibrati, non non rinuncerebbero mai al calcetto, al D&D o alla birretta con gli amici (e lo fanno solo dopo scene isteriche delle fidanzate.). Le donne, al contrario, sono disposte a rinunciare a tutto e, talvolta a darsi anche delle giustificazioni che credono razionali. Purtroppo ci raccontiamo bugie:il tempo per l’amicizia si trova e si deve trovare, ti permette non solo di mantenere la sanità mentale, ma anche di fare un esercizio fondamentale per tutti uomini e donne, creare il tempo per le cose, senza sovrapporle senza ridurle banalmente a servire il nostro bisogno di mantenere uno status (che sia quello di single o quello di fidanzata o quello di madre).
Sembra che per noi donne la vita sia una vita nell’attesa di un uomo per cambiare le proprie abitudini (alcune cambiano per forza di cose, ma è una bugia che debbano cambiare tutte).
Io credo di essere stata fortunata perchè ho avuto una madre, zie, cugine e amiche che avevano l’abitudine di frequentarsi tra donne sempre, di darsi una piccola priorità. È il miglior insegnamento mai ricevuto.
Viviamo forse una vita troppo frenetica. A volte è difficile pur trovare il tempo per una semplice telefonata, figuriamosi per incontrarsi una sera