Noi, figli interrotti

Ieri sono andata a cena da un amico 35enne, omosessuale, single. Appena varcata la soglia di casa, mi ha raccontato una terribile discussione avuta col padre, settantenne, molto cattolico. Sono andata via dopo la mezzanotte e, da allora, non riesco a smettere di pensare a ciò che cambia nel rapporto tra genitori e figli, a un certo punto della vita. Ovvio è che ogni famiglia è un caso a sé stante e che qualsiasi sistema affettivo ha delle peculiarità che possono difficilmente essere ridotte con generalizzazioni strumentali. Tuttavia, poiché quella con i propri genitori è la prima, originale, più stretta e generalmente più longeva relazione che viviamo nella nostra esistenza, vale la pena spenderci su due parole.

Quando superi i 30 anni, entri in una fase strana della vita, nella quale sei o potresti essere genitore a tua volta. Indipendentemente dal fatto che tu ti sia riprodotto o meno, i tuoi genitori, alla tua età, t’avevano già sfornato da un pezzo. Erano come te oggi, con le dovute (e spesso innumerevoli) differenze. Quando superi i 30 anni, i tuoi amici, quelli con cui ti ubriacavi e ti andavi a fumare le bombe ad Amsterdam, diventano genitori. Insomma, quando guardi il ruolo genitoriale dalla stessa altezza anagrafica, riesci a vederlo per quello che è: due esseri umani imperfetti, che fanno il meglio che possono, con gli strumenti che hanno (nei casi migliori). Vedi pure, perché a un certo punto inizi a vederlo, che i genitori sbagliano. Sbagliano sempre. Sbagliano per definizione. Sono certa che anche i genitori migliori  non possano non fare errori. Sono certa che spesso li facciano in buona fede, perché proprio non riescono a vedere il danno che stanno recando ai figli. Però, mentre loro non vedono, mentre loro non sanno, quelle fratture, quegli abbagli, quegli scorticamenti interiori, si creano e, siccome di solito sono nascosti nei meandri della nostra identità, dove non batte il sole e dove non circola l’ossigeno, è assai difficile che si rimarginino da soli. Specie se non ci prendiamo perlomeno la briga di provare a disseppellirne i resti.

Ma cosa puoi fare, come figlio, quando ti accorgi che una parte delle tue storture e delle tue paturnie, sono riconducibili a certe discutibili scelte educative a cui sei stato esposto da bambino, e poi da adolescente, e poi da giovane uomo o giovane donna? E sia chiaro che a questo punto, chiunque si interroghi su di sé, chiunque decida di fare lavori di manutenzione alla propria anima invece di piangersi semplicemente addosso (o invece di dare sempre la colpa agli altri) ecco a questo punto ci si arriva per forza. Se pensate di no, se pensate di provenire da una famiglia perfetta, se pensate che le parole e i silenzi dei vostri genitori non vi abbiano influenzati radicalmente durante la vostra crescita, ve lo dico: sbagliate, vi illudete, avete ancora molto da fare e non siete pronti per questo post.

Per tutti gli altri, invece, semplifichiamo brutalmente e diciamo che esistono due macroaree nelle quali, in qualità di figlio, puoi collocarti. La prima, è il conflitto. La seconda, è la sublimazione. Siamo tutti posizionati in punti diversi su quell’asse immaginario che ha per estremi “Mio padre è un pezzo di merda” e “Mio padre è l’uomo migliore del mondo” (ma vale anche per la madre naturalmente). In certi casi, molto complessi, i due estremi possono coincidere e creare un vero cortocircuito. Fatto sta che, quale che sia il punto di partenza, perso tra la repulsione e la venerazione, nell’intersezione accidentale tra Edipo ed Elettra, la cosa migliore che un figlio possa fare è osservare quei signori che l’hanno cresciuto, sfamato, istruito e – bene o male – educato, come persone. Esseri umani. Individui come lui. Non super-eroi. Non rocce inossidabili. Non divinità onnipotenti. Neppure giudici corrotti, o gerarchi nazisti. Uomini e donne, semplicemente. A volte molto ammirevoli. A volte molto miserabili.

Naturalmente di semplice non c’è proprio un cazzo, in questa faccenda, ma proviamo a ipotizzare due utili esercizi da fare: 

ESERCIZIO 1

Attribuire ai genitori le responsabilità dei loro errori.

Non sono infallibili. Tuo padre non è perfetto e nemmeno tua madre: SVEGLIA! Se tu sei un caso umano irrisolto, sappi che potrebbe non essere tutta colpa tua (se, al contrario, pensi di essere perfetto sappi che sei il caso umano più grave di tutti). Attribuire le responsabilità delle nostre fragilità a chi ci ha cresciuti è un passaggio obbligato per diventare adulti. Senza arrivare a citare Jim Morrison e il suo “Father, I want to kill you”, bisogna elaborare il conflitto con i genitori, bisogna emanciparsi emotivamente dal ruolo di figlio e di figlia, dalla sua subordinazione e dal suo conforto. Bisogna ammettere: “I miei amorevoli genitori hanno sbagliato questo, e questo, e anche questo”. Non significa amarli di meno. Significa, semmai, amarli davvero. Amarli nonostante i loro limiti. Amarli per quelli che sono e non per quelli che vorremmo fossero. Proprio nel modo in cui da sempre vogliamo che ci amino loro.

Tu mi dirai: “Non ce la faccio! Preferisco continuare a pensare che siano i genitori migliori del mondo, io so che hanno fatto del loro meglio, mi sembra ingiusto incolpare loro delle mie incapacità, mi sembra un modo per deresponsabilizzarmi!”. E io ti rispondo: no, è un modo per alleggerirti, è giusto farlo e ne hai bisogno. Vedrai che dopo starai meglio, anche se adesso fa male. Finché ti farai carico di responsabilità loro, non riuscirai a osservarti con uno sguardo più clemente, non riuscirai a essere meno severo, meno esigente e meno feroce con te stesso. E se tu stesso ti tratti di merda, come vuoi che ti trattino gli altri? Come vuoi che ti tratti la vita? Fai questa cosa: recidi quel cazzo di cordone ombelicale, perché non sei più un neonato. Il legame resta, la famiglia resta, l’appartenenza resta. Ma arriva una cosa nuova: un individuo libero. Più nudo ma più autonomo.

ESERCIZIO 2 

Farlo senza rabbia.

Lo so, non è facile, sembra impossibile. D’altra parte non è mai bello quando i genitori ti mollano una sòla da risolvere, specialmente se quella sòla sei tu. Quelli hanno sbagliato e adesso sei tu che devi convivere con i disastri che hanno fatto. La psicoterapia dovrebbero pagartela loro, non c’è dubbio. Resta però il fatto che non sei un ragazzino, già da un bel po’. Sono tanti anni che vivi nel mondo, che ti sei formalmente affrancato dagli obblighi e delle aspettative familiari. Perché sei ancora lì, nel pantano?

Perché certe cose non sono mica semplici da capire, e manco da fare, ovviamente. Perché in quel pantano ci sono le tue radici, la tua casa, la tua identità, le fondamenta di te, chiaramente. Ma, se posso azzardare un’ipotesi, anche perché non hai superato la rabbia. Forse non sai neppure d’averla. Forse la sfoghi nel modo sbagliato. Forse s’è talmente cronicizzata che è diventata un tratto caratteristico della tua personalità. Però la rabbia è il più grosso freno alla tua serenità. La rabbia non ti conviene. Serve, per carità. È umana, è vitale, a volte giusta, necessaria persino. Ma è e resta una sostanza tossica, dalla quale è molto pericoloso farsi cullare a lungo. Inoltre, liberarsi della rabbia e assolverli, significa anche prendersi la propria parte di responsabilità, che è l’altro volto di questa estenuante, irreversibile e inesorabile fregatura, volgarmente chiamata “vita”. Che è crescere, maturare, diventare grandi. Continuare a imparare cosa significhi amare. Ricordare che non si smette mai di imparare, neppure a 70 anni. E certo, non ho dubbi sul fatto che esistano genitori stronzi, stronzi, stronzi in modo assurdo. Così come non ho dubbi sul fatto che esistano ottimi genitori. Ciò che non esiste sono i genitori perfetti, nello stesso modo in cui non esistono i figli perfetti. La speranza è migliorarsi. La sfida è riuscire ad amarsi, nel frattempo, così come si è, così come si diventa.

Tu mi dirai: “Sono stanco di assolverli, i miei sono degli stronzi, io sono il figlio, sono loro che devono capire me, non il contrario!”.  E io ti rispondo che hai ragione, ma tu puoi farlo, perché sei migliore di loro (che non hanno, tutto sommato, fatto un lavoro così orribile). D’altra parte, la guerra giova solo agli stronzi, e tu non lo sei.  E lo so che sei stanco, sei stremato, ti bruciano gli occhi, sei tentato di mollare, quando cazzo finisce questo post, lo so. Ma ho altre cose da dirti, pillole che potrebbero aiutarti a lenire questa infezione:

PILLOLA 1

Spesso i genitori non hanno proprio gli strumenti per comprendere i nostri disagi. Lo so, dovrebbero farlo, dovrebbero sforzarsi di conoscere alla perfezione l’animo dei propri figli, dovrebbero intuirne le potenzialità e vederne le debolezze, ma la verità è che per qualunque figlio, in qualunque epoca, è esistito un cono d’ombra emotivo, un malessere imperscrutabile per i propri genitori. È vero, i nostri padri spesso non sanno cosa significhi vivere da soli, lontano da casa, rientrare ogni sera alle 21, cucinarsi la cena e mangiare da soli, curarsi da soli quando si sta male. No, non lo sanno. Loro, spesso, sono passati dalla madre alla moglie e dal padre al marito. D’altra parte, però, noi non sappiamo quali siano state le loro difficoltà, le sfide e le rinunce del loro tempo, perché non le abbiamo vissute. Nello stesso identico modo in cui non sapremo mai davvero cosa significhi essere un adolescente cyberbullizzato nel 2018 (ai nostri tempi, grazziaddio, c’era il bullismo ma non c’erano i social). Del resto, non possiamo concederci l’agio di pensare che siamo gli unici, quelli più sfigati, la generazione più disgraziata nella storia dell’umanità. Tutto sommato i nostri nonni hanno vissuto la guerra, quella vera, e secondo me stiamo comunque meglio noi. Anche se per cena mangiamo da soli l’insalata in busta col tonno in scatola, guardando un teen drama su Netflix.

PILLOLA 2

A nostra discolpa, o loro attenuante, bisogna considerare che oggettivamente l’accelerazione della storia è aumentata esponenzialmente rispetto a qualche decennio fa. È dipeso dal fatto che la vita ha assunto il ritmo della tecnologia e che la tecnologia oggi è molto smart. Non si parla di invenzioni fondamentali ma obsolete, come il motore a scoppio o il telegrafo. Si parla di un mondo, di una politica, di un sistema valoriale, di un’economia, di una sessualità, che hanno visto i propri connotati ridefinirsi radicalmente nel corso degli ultimi anni. Si parla di una mutazione genetica della società, in costante metamorfosi, in avanzata liquefazione, in rapidissima corsa verso l’apocalisse. Provate a parlare con un ventenne. Ascoltateli e ditemi se non sono già alieni per noi, che abbiamo poco più di 30 anni. E, badate, non sono alieni perché ascoltano la musica trap invece del progressive rock; lo sono perché vivono, senza problemi, relazioni aperte; lo sono perché stanno ripudiando il genere e tutte le matrici morali che hanno oppresso, come una gabbia, le generazioni precedenti; lo sono perché hanno iniziato a interessarsi di politica fin da subito e perché hanno capito che noi siamo delle mezze seghe. Voglio dire che se i giovani di oggi sono diversissimi da me, che ho 33 anni, quanto potranno esserlo dai loro genitori che di anni ne hanno circa 50? Se pensiamo che sia sempre più difficile essere figli, dobbiamo ammettere che è sempre più difficile essere genitori. Che ogni generazione ha delle esigenze particolari e specifiche, completamente diverse dalle precedenti (oltre a quelle standard, che resistono dal tempo della pietra). E dobbiamo ammettere pure che spesso, gli intoppi e gli irrisolti, le matasse che s’annidano nelle viscere delle famiglie, non sono altro che sofferenze complementari e speculari, opposte e insieme identiche. Troppo uguali e troppo diverse.

PILLOLA 3

Se ammettiamo poi che i nostri genitori hanno avuto un ruolo determinante nelle nostre menomazioni, dobbiamo pure ricordare che chi ci ha messi al mondo era a sua volta stato messo al mondo; come noi, non ne aveva fatto richiesta; come noi, è stato esposto agli stessi rischi e, come noi, ha subito gli stessi danni. Non danni uguali, perché erano epoche, culture, contesti differenti. Ma pur sempre danni, quelli che qualunque genitore, per troppo egoismo o troppo amore, troppa severità o troppo lassismo, troppa fiducia o troppo disinteresse, ha certamente recato ai figli. Mia madre mi ha detto un casino di volte: “Con te, come fai fai, sbagli”. Aveva ragione, ma non era un problema mio. È così con i figli in generale. È che non sbagliare è impossibile. Non si sa come, non si sa quando, è molto più facile capirlo col senno di poi, ma nel mentre si sbaglia eccome, anche con le migliori intenzioni.  

Qualche tempo fa un mio amico disse: “L’amore, se ci pensi, è una cosa violenta”.

Non capii subito e, nel tempo, ci ho ripensato spesso. Credo abbia ragione.

Credo sia impossibile essere così importanti per qualcuno, senza deluderlo mai.

Credo sia impossibile stare accanto a una persona per buona parte della sua vita, senza condizionarla.

Credo non si possa amarla assai, senza ammazzarla un po’.

 

36 commenti Aggiungi il tuo

  1. Mezzatazza ha detto:

    Si vede che stai andando in terapia 😂

    (di cui sono grande sostenitrice, considerati gli ultimi giorni, ho ripreso appuntamento).

    D’accordo su tutto, sembra complicato ammettere errori di altri che abbiamo subito, senza rancore, ma è l’unico modo.
    Certe cose vanno capite, non condannate, perché gli unici che ci s’impiccherebbero appresso, saremmo noi.

    1. memoriediunavagina ha detto:

      esattamente!
      (la terapia è una cosa bellissima! se solo l’avessi capito prima!)
      🙂 ❤

      1. Mezzatazza ha detto:

        Già: bella cosa

  2. magicamente73 ha detto:

    Questa la devo metabolizzare… condivido credo molte delle cose che hai scritto.
    Ma devo metabolizzare

    1. memoriediunavagina ha detto:

      eh lo so, questo è faticoso!
      same here, per scriverlo…

      1. magicamente73 ha detto:

        In questi giorni di festa realizzo che da anni sono io che mi prendo cura di loro. Non economicamente (con i contratti di oggi son contenta di non dipendere da loro da anni) ma moralmente. Non sanno comprare su internet ne prenotare un volo aereo senza andare in agenzia.
        Su qualsiasi cosa rimuginano per giorni. Vanno dal medico in due per essere sicuri di ricordarsi cosa dice loro (ndr entrambi laureati..)
        La cosa che mi destabilizza di più? Le mie debolezze derivano da loro, ma non posso più appoggiarmi a loro per affrontarle

  3. Piero Indrizzi ha detto:

    Io ho 81 anni, ti seguo da tempo e ti consiglio ai miei amici giovani.
    Io so quello che hai scritto da molto tempo e devo dire che lo hai espresso in maniera perfetta. Sappi che anche la scienza ha esaminato il problema dimostrando che le modificazioni epigenetiche dovute ai condizionamenti ambientali (quali quelli familiari) vengono tramandate per generazioni.
    Brava………..veramente.
    Nonno Piero

    1. memoriediunavagina ha detto:

      Nonno Piero, tu non sai che tenerezza m’abbia fatto questo tuo commento! ❤
      Grazie di essere qui a leggermi da tempo e grazie di consigliarmi ai tuoi amici giovani 😀

  4. attentialciuco ha detto:

    Sono felice di aver letto questo articolo. Io, da counsellor, cerco sempre di fare in modo che i miei clienti arrivino a comprendere e a interiorizzare tutte le verità che tu hai così brillantemente esposto. Grazie.
    Ho letto qua e là alcune cose che hai scritto e ti trovo molto interessante. Spero che anche tu apprezzi il mio recente blog attentialciuco. Metterò sul blog un link a questo tuo post.

    Ruggero

    1. memoriediunavagina ha detto:

      Caro Ruggero,
      grazie del tuo commento. Mi fa piacere sapere che, da counsellor, lo trovi un contributo utile.
      Elaborare il proprio vissuto, fino a indagarne le fondamenta, è un percorso faticoso e necessario, che molto spesso evitiamo di fare, atterriti all’idea di ciò che potremmo trovare o, peggio ancora, presumendo di conoscere già tutto di noi.
      Che dire, alcuni a un certo punto ci provano e s’accorgono che esistono alcuni esercizi, da fare, per provare a essere adulti più pacificati con se stessi.
      Grazie ancora e in bocca al lupo con il tuo recente blog!

  5. Papillon ha detto:

    Papà da quattro anni, ho letto con interesse. Sono parecchio più grande di te e per questo mi è ancora più evidente la distanza crescente che si crea tra le generazioni. Per riuscire a parlare con lui, molte delle mie esperienze saranno fuori contesto e io dovrò piuttosto cercare di capire le cose nuove del mondo, assieme a lui. Ecco questo problema, i genitori di una volta non se lo ponevano, perché pensavano che tutto dovesse sempre rimanere tale. Degli errori non mi preoccupo… cerco di non farli, mentre quelli dei miei ormai li ho metabolizzati.

    1. memoriediunavagina ha detto:

      Hai perfettamente colto il punto.
      Fino a un certo punto, i genitori dovevano semplicemente sfamare i figli, farli studiare se c’erano le possibilità, o evitare che diventassero delle complete teste di cazzo. I padri dovevano lavorare e non avere troppi vizi. Le madri dovevano cucinare e tenere la casa. Ere antropologiche fa.
      Già con la mia generazione, i genitori hanno dovuto porsi molte più domande. Tu dovrai portene ancora di più, e dovrai imparare un gergo che non conosci e una grammatica che – per certi versi – ti sarà aliena. Ma ce la farai. Perché elaborare gli errori dei propri genitori è il primo passo per provare a fare di meglio (nella consapevolezza che, semplicemente, farai errori diversi).
      In bocca al lupo, dev’essere una bella avventura 🙂

  6. Letizia ha detto:

    Semplicemente grazie

  7. federicacesconi ha detto:

    Senza parole!
    Tutto vero!

  8. mollymelone17 ha detto:

    Quant’è difficile essere genitori lo si capisce quando lo si diventa. Quant’è difficile essere figli lo si capisce prima, ma di più quando si diventa genitori. L’unica è riconoscersi come individui imperfetti che fanno del loro meglio. Incolpiamoci pure a vicenda, ma poi assolviamoci anche

  9. newwhitebear ha detto:

    il mestiere di genitori è il più complesso che ci sia e le incomprensioni tra genitori e figli è come l’aria che respiriamo. Pulita o inquinata. Senza dimenticare che anche i nostri genitori sono stati figli e hanno assorbito quello che i loro genitori hanno trasmesso.
    Se continuo a tornare indietro si finisce a Eva e Adamo.
    Qualcosa tocca,
    Ognuno di noi deve farsi carico che fare il genitore è complicato come essere figlio non è semplice.

    1. memoriediunavagina ha detto:

      esattamente.
      poi a me mia madre l’ha sempre detto “il mestiere più difficile del mondo e nessuno che ti insegni a farlo”, che è vero, se ci pensi, perché per quanto tu possa avere dei modelli di riferimento (cioè i tuoi genitori, i cui metodi puoi emulare o ribaltare), i figli nuovi non sono come quelli che c’erano stati prima. Nel senso che il mondo è in progressivo cambiamento, ci pone sfide vecchie e nuove, sempre diverse e in qualche modo sempre uguali.
      Insomma, un casino. Come tutti gli affetti e tutte le relazioni che durano una vita.

      1. newwhitebear ha detto:

        come genitore l’ho già sperimentato sulla mia pelle. E posso garantirti che è così.

  10. nahum נחום ha detto:

    Non sono esattamente sicuro che i ventenni di oggi abbiano una vita sessuale cosi’ libera. https://www.theatlantic.com/magazine/archive/2018/12/the-sex-recession/573949/ Se devo dare retta al reazionario che e’ dentro di me, direi che manca loro il gusto di sfidare delle regole e di diventare individui indipendenti, visto che ricevono il messaggio che tutto e’ accettabile e normale.

    1. memoriediunavagina ha detto:

      Sì, questa è una tendenza di cui si parla molto, già da anni. Cioè del fatto che più sei giovane, meno scopi.
      Probabilmente è vero e probabilmente dipende in parte anche da ciò che indichi.
      Resta il fatto, però, che i giovani stanno sollevando altri temi e stanno creando un loro approccio alla sessualità, diverso dal nostro proprio perché mosso da presupposti diversi (ai nostri tempi era ancora un atto di ribellione, fare petting in gita, per dire). Comunque sia sto lavorando a un pezzo sul tema, che giungerà, all’alba del 2019, direi 🙂

  11. Alessandro ha detto:

    “Odiare deve essere produttivo, altrimenti è più intelligente amare”
    Karl Kraus
    “Può l’artefice ritornare su ciò che ha fatto”?
    Roy Batty a Eldon Tyrell – Blade Runner

    Ciao Stella, ancora una volta hai centrato la questione, ai genitori non viene dato un manuale di istruzione e manutenzione come si fa per le auto o per un elettrodomestico, loro dopo essersi amati , unisco il loro amore e lo riversano sul figlio che hanno deciso di mettere (più o meno consapevolmente) al mondo. Ma se ci ragioniamo un attimo nessuno ha insegnato loro in modo completo come stare al mondo. Certo hanno imparato le regole della convivenza civile, magari a suon di sberle e cinghiate perchè quella era l’epoca, ma nessuno ha detto loro nulla sulla sessualità, sull’amore, sulla gioia di scoprirsi e di crescere insieme, nessuno ha detto loro dei sacrifici che verranno e come verranno, c’è solo un vissuto trasmesso in parte oralmente e in parte per correttivi pratici effettuati in corsa.
    Si nasce e si cresce con una educazione che se per un verso ti forma, dall’altro ti deforma. Il tuo carattere e le tue inclinazioni fanno il resto. O respiri l’aria di casa e ti adegui o fai il ribelle e cerchi di vivere per conto tuo appena si presenta l’occasione.
    Anche i miei hanno fatto degli errori, in buona fede certamente, ma quanto hanno pesato sulla mia vita!
    con la fine del mio matrimonio dopo 7 anni nel 2005, in realtà sono crollati anche 25 anni della mia vita basati un errore magnificamente costruito. Rialzarsi e ricostruire il tutto è stato un percorso lungo ed è per certi versi ancora in corso.
    Non ho odiato i miei per questo, ci sono anche mie responsabilità. Ho imparato ad essere gentile con me stesso, non indulgente, solo gentile. I miei sono avanti con gli anni e li guardo il loro declino con dispiacere. Hanno fatto quello che hanno potuto al meglio delle loro capacità per educare bene i i loro figli, ma ci avevano preparato per una società che non era più quella che loro immaginavano perchè stava già accelerando lasciandoci tutti indietro. E quando sono entrato in gioco ero spaesato e non capivo perchè non funzionava nulla di quello che avevo imparato, nello studio, con le donne, nei rapporti con le persone.
    Recuperare il gap che si era creato è stato difficile, ci sono voluti sforzi pazzeschi a livello mentale per cambiare le prospettive e vedere finalmente le cose dal loro verso. Ma è durata poco, tutto è nuovamente cambiato ed è tutto in continua evoluzione, e stare dietro ai cambiamenti è difficile viste le velocità raggiunte. Hai ragione anche su questo. Fortunatamente l’esperienza mitiga gli scossoni, ma per una generazione come la mia, nati negli anni 60, sembriamo agli occhi di un millennial, come l’ornitorinco, un anello di congiunzione strano fra l’epoca elettromeccanica e quella elettronica avanzata. Siamo già superati come un frigo di classe G rispetto ad uno A+++.
    Se poi vedi come è cambiata la scuola, i genitori, gli insegnanti, rispetto a quando ci andavo io, beh allora capisci parecchie cose; una volta presi una nota disciplinare sul registro, arrivato a casa i miei me ne diedero più di un hooligan durante un tafferuglio. Oggi una mamma si è messa a muso duro con l’insegnante perchè la nota presa da sua figlia, ne comprometteva l’aspetto psicologico nei confronti dei suoi compagni di classe….
    e torniamo al discorso iniziale: Sbagliavano i miei allora? Sbaglia quel genitore oggi? Sbagliano entrambi senza soluzione di continuità?
    Non lo so Stella, a questo punto non lo so più.

    1. memoriediunavagina ha detto:

      Caro Alessandro,
      generazioni diverse, vita comune. Mi verrebbe da dire che quasi tutti i genitori insegnano ciò che sanno, le proprie esperienze, i propri valori, ai figli. E il meccanismo funzionerebbe pure, se non ci fosse lì fuori un mondo in costante accelerazione (verso il baratro, ma non vorrei suonare troppo catastrofica). Quello che è accaduto a te, è accaduto anche a me e alla mia generazione, che s’è ritrovata dopo l’università catapultata in un mondo del lavoro ostile, precario, accidentato, svuotato di tutele e spesso di significato. Noi ci siamo sentiti letteralmente truffati, ma non era colpa dei nostri genitori nello specifico, come giustamente osservi. Riprendersi da quella sbandata, colmare il gap tra “come credevo fosse” e “come in effetti è”, richiede tempo, molto. Si parla di anni. Anni persi a raccapezzarsi invece che a crescere, costruire, correre.
      Pazienza, così è, ognuno ha la sua storia e il suo percorso. Ognuno corregge le sue storture, se può e come può.
      Il momento in cui i genitori iniziano quel lungo processo di invecchiamento inesorabile, è lo stesso momento in cui diventi adulto. In cui ti accorgi che sono persone e che tu, al loro posto, forse non avresti fatto di meglio…
      Non so se fosse più giusto quando si davano le cinghiate, oppure adesso che una non può manco portare a casa una nota senza che si mobiliti il Sacro Ordine Genitoriale. Ti direi che, come in tutte le cose, la soluzione sta nel mezzo.
      Io appartengo a una generazione che di mazzate ne ha prese poche, quasi niente (e mi sono spesso sentita dire che ne avrei meritate moooolte di più) ma, ai miei tempi, l’autorevolezza dei docenti non si discuteva. Se prendevo un voto cattivo, ero io che non avevo studiato, non il prof uno stronzo. Ecco questo per me era determinante, è formativo, ti insegna che non puoi sempre questionare tutto. Che esiste una gerarchia. Che spesso chi ti sta sopra può essere stronzo, oppure incompetente, mentre altre volte motivante e preparato. Esattamente come succede, poi, nella vita, sul mercato e nel mondo (mondo…adesso) del lavoro.
      Ti abbraccio, come sempre, con affetto
      s

  12. Ahia, questa fa male. Un sacco di verità tutte insieme ma, se posso, ti scongiuro di non tirarle fuori tutte insieme nella vita reale, davanti a qualcuno che sta soffrendo per il rapporto con i genitori. Chè se si aprono vasi di Pandora è poi molto difficile richiuderli. Anche con le migliori intenzioni.

    1. memoriediunavagina ha detto:

      no no, il mio vasetto è qui. chi vuole aprirlo può venire e servirsi con le sue mani. decidendo la porzione di verità da somministrarsi.
      by stella-la-santona 😀

  13. Tratto d'unione ha detto:

    Fare tutto questo (ridimensionarli, capirne i limiti, accettarne gli errori, perdonarli). E poi scoprire che in effetti sono sempre stati gli stronzi bastardi senza redenzione che avevi sempre sospettato. Succede.

    1. memoriediunavagina ha detto:

      Sorrido e un po’ mi preoccupo.
      Come detto, non ho dubbi sul fatto che esistano genitori stronzi-stronzi-stronzi. E che ne esistano ottimi.
      Quelli che capitano, devi prenderti, poiché i genitori rientrano in quella categoria merceologica di cui non si può fare il reso su Amazon.
      Tu però non mi sembri mica un brutto risultato, se posso dirlo ❤

  14. Ilaria ha detto:

    Ciao Vagina, stai facendo anche tu (oppure l’hai fatta a suo tempo, in un quei sette anni non in Tibet ma da single) una terapia pissicologica? In questo post ho trovato tutti i fondamentali, e ti ringrazio di cuore per averlo condiviso.
    Ho trent’anni e ho deciso di essere mamma cinque anni fa, quando ancora mi ubriacavo e mi fumavo le bombe non solo ad Amsterdam; questo significa che oltre ad essere una figlia interrotta, ero pure una madre interrotta. Non mi sento più tale perché fortunatamente, con l’aiuto di una brava terapista e di una brava dottoressa (e pure della giusta dose di antidepressivi) ho compreso che una volta reciso il cordone ombelicale, la vita si cura, la vita recupera. E che gli stronzi dei nostri genitori sono appunto due esseri umani come noi. Mi é piaciuta molto la frase “amarli davvero, non come vorremmo che fossero”.
    Un abbraccio
    Ilaria

  15. Thepyper ha detto:

    Che bello 🙂

    Ti seguo da un po’ ed è splendido come riesci a distillare e districare cose per loro stessa natura ingarbugliatissime.
    Sono padre di un bimbo di tre anni, e mi capita spesso di chiedermi già quali cose decenti e quali danni sto combinando.. e cercando di osservarmi in questo mi capitano un botto di momenti “ecco!” che ritrovo ordinati nel tuo post.
    Essere genitore mi fa sentire un po’ come tra l’incudine ed il martello, tra la generazione dei miei e quella di mio figlio; provare a capirle contemporaneamente entrambe é una faticaccia, ma anche uno degli stimoli più forti che abbia mai avuto al conoscere me ed il mio stare al mondo.
    Vabbè un commento che si può riassumere in un grazie, é un piacere leggerti 😝

  16. claudio80to ha detto:

    Uno dei post più belli che abbia mai letto. Grazie molte. Mi permetto di condividerlo sul mio blog. Se ti crea qualche problema dimmelo che lo rimuovo 🙂

  17. psicologaxsbaglio ha detto:

    Interessantissimo e molto onesto! Mi piace il termine manutenzione dell’anima…sicuramente inizierò a prendere la Pillola 1, ma anche una scorpacciata di tutte quante non mi farebbe male! Ti farò sapere cosa ne sce…tanto più che sono tornata a casa per le vacanze pasquali e ormai vivo all’estero da 3 anni….

  18. francescaleoci96 ha detto:

    Apprezzo molto il tuo linguaggio, la tua comunicazione.
    Credo che qualsiasi rapporto, nel momento in cui inizia ad intrecciarsi profondamente, rende facilmente possibile l’entrata di delusioni o aspettative troppo alte. E questo significa trovarsi davanti a imperfezioni che qualunque essere umano si porta con sé, ma Amare (e sottolineo la A maiuscola) vuol dire comprendere, accettare e talvolta migliorare venendosi incontro.
    Continuo a leggere i tuoi post.

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