Ho 33 anni. Non ho un lavoro fisso, non ho un marito, non ho figli. Non ho un’automobile, non ho un’assicurazione sanitaria, spesso non ho neanche soldi (quindi se ogni tanto faccio una marchetta per pagare le spese, siate così gentili da non rompere il cazzo). Viaggio spesso, mangio male, dormo poco, cago a fatica, fumo, bevo alcol, non faccio sport…se tutto va per il meglio, schiatterò nel giro di qualche anno.
Ho 33 anni. Ho una vagina, un utero, due ovaie, due tube di Falloppio, tre fibromi e una domanda monumentale che pende sul mio capo: voglio fare un figlio? Voglio essere madre?
A quanto pare, essere una pessima candidata non mi solleva dall’annoso quesito. Figlia unica, egoista, individualista, disorganica, apprensiva, insicura nel midollo, precaria fino al buco dei buchi, manipolatrice, arrogante, polemica, pessimista e con tendenze dichiaratamente depressive. Mi sono impegnata, insomma, per non essere neppure ammessa al test d’ingresso per la Genitorialità Perfetta. Pur tuttavia, eccomi seduta davanti alla commissione d’esame. Sembra che questo dilemma io debba affrontarlo lo stesso. È consigliabile, se non altro. Si faccia una domanda e si dia una risposta, come direbbe Marzullo.
Solo che io, questa risposta, non so proprio da dove iniziare a cercarla. In un certo senso, quando ero single, non vivendo in Spagna (dove ho scoperto che c’è la fecondazione assistita per le donne single fino a 37 anni d’età, con tutte le spese pagate dallo Stato, e ve lo segnalo perché nel caso voleste espatriare mi pare corretto tener conto anche di questo), ecco dicevo, vivendo in Italia e non avendo un compagno, potevo agilmente evitare la questione: mancava la materia seminale, il prezioso elisir della riproduzione, la sbobba insomma. D’altra parte, non è culturalmente né (credo) legalmente prevista in Italia l’adozione per i single. Morale: senza un uomo, non ci sono tante possibilità di diventare madre (a meno di farsi randomicamente ingravidare da uno sprovveduto Tinder date).
Per anni, dunque, la domanda è scivolata in basso nella mia personale classifica delle priorità, e non ho fatto molto per portarla in cima. Non ho, insomma, iniziato a cercare un buon partito, con un buon lavoro, con la testa a posto, con valori sani, che potesse essere preludio di una felice fecondazione tradizionale. Poi le cose sono cambiate, ho iniziato a vivere una relazione (per quanto accidentata si possa considerare), tempus fugit e quella temibile linea che qualunque ginecologo è bravissimo a tracciare, sulla soglia dei 35 anni, si è avvicinata spaventosamente. Praticamente la vedo coi miei occhi, in un orizzonte fin troppo prossimo.
Per carità, potrei fottermene. Potrei procrastinare, non pensarci, avere la coerenza per essere fedele ai miei principi, secondo i quali la maternità NON È l’unico strumento di realizzazione della femminilità, anzi, è solo una delle opzioni possibili e NON È più nobile delle altre. Potrei avere i coglioni di dirlo a gran voce: IO FIGLI NON NE VOGLIO AVERE. Però non ci riesco e la ragione per cui non ci riesco, è che questa consapevolezza effettivamente non l’ho ancora maturata. Per sapere che proprio non vuoi essere madre, devi chiedertelo. Insomma, quella benedetta risposta, devi trovarla o, se non altro, tracciarla a grandi linee. Naturalmente esistono persone che hanno un rapporto più pacificato con la genitorialità e non hanno nessun problema a sapere di volere un figlio. Lo sanno e basta. A volte lo sanno da principio. A volte capita. A volte lo perseguono con tutti gli strumenti che la scienza mette loro a disposizione. A volte lottano. A volte adottano. A volte essere genitori è un obiettivo chiaro, nella vita.
Per me non è così e questa cosa mi ha sempre fatta sentire un po’ strana, e un po’ diversa. E siccome non amo sentirmi colpevole di me stessa, né delle mie diversità, mi secca interrogarmi su questo tema. È un po’ come chiedersi: perché non sono capace di suonare il violoncello? Perché non sono portata per la matematica? Perché certi sono più bravi di altri con le lingue? Boh, perché sono inclinazioni personali. Casualità. Circostanze. Doni. Danni. Doti. Perché siamo tutti diversi, vivaddio. Insomma, io mica vado da tutte le donne incinta del pianeta a chiedere loro: “Perché lo fai? Ne sei proprio sicura? Guarda che poi passerai degli anni di merda, proverai un’ansia che non hai mai provato, il tuo corpo si sfascerà, la tua figa diventerà il tunnel del Brennero (rido), le tue tette inizieranno a perdere latte che tu lo voglia oppure no, e la loro latitudine si avvicinerà pericolosamente all’Equatore ombelicale; non dormirai più, non scoperai più (o lo farai molto meno, tra mille patemi) e nel frattempo dovrai preoccuparti delle coliche notturne, dei denti da latte, del pediatra, del logopedista o dell’oculista, dei voti a scuola, delle ripetizioni, del calcetto/tennis/basket o qualsivoglia menata ginnica che sarà giusto spronarlo a fare; dovrai relazionarti con tutti gli altri genitori, da prima ancora che tuo figlio nasca, obbligata a partecipare ai gruppi whatsapp dei corsi pre-parto; dovrai inventarti minchiate da fare nel weekend o in vacanza, di cui non te ne frega giustamente un cazzo, ma dovrai farlo per lui, tipo andare a Leolandia invece che alla mostra di Kubrick a Londra. Dovrai guardare film di merda, fare binge-watching di Peppa Pig o di Masha e Orso. Dovrai rispondere a mille “perché” anche nei giorni in cui sarai tu ad avere bisogno di risposte; dovrai litigare con il tuo compagno facendo finta di non litigare, dovrai proteggere tuo figlio e proteggerti, e poi aiutarlo a diventare una persona normale il che è difficile perché di certo tu hai un miliardo di paturnie che gli attaccherai, e lo stesso vale per il padre. Ed è assai probabile che per un lungo numero di anni questo figlio vi dia perlopiù delusioni, preoccupazioni, indifferenza, arroganza, ingratitudine, egoismo e strafottenza. Sarà una voce di costo perenne nella tua vita, dai pannolini al Master post laurea, in pratica ti costa meno adottare una famiglia di filippini come hanno fatto Sandra e Raimondo. Questo sempre che le cose ti vadano bene e non diventi un teppista, un tossicodipendente vero, una completa testa di cazzo. A un certo punto, molto presto, tuo figlio parlerà un linguaggio che non capirai, avrà problemi che non capirai, ti chiederà un aiuto che non capirai o non te lo chiederà neppure perché…non parlerà, e saprà già che sei inutile allo scopo. Sei proprio sicura di voler fare un figlio con il quale certamente fallirai, presto o tardi?”
Non chiedo neppure cose tipo: “E poi, scusa, alla carriera ci hai pensato? Oppure anche tu hai deciso di lasciare il lavoro dopo il primo figlio? Ti sei mai chiesta come puoi avere potere contrattuale nella coppia e nella vita, se non porti soldi a casa? Se ne porti sempre meno? Se ti sta bene che sia così, perché così è sempre stato? E ti sembra giusto che mentre lui lavora, fa riunioni, gira il mondo, conosce e incontra persone, colleghi, donne e uomini, tu debba occuparti principalmente dei figli? E ti rendi conto di come sta diventando la società? Ti rendi conto che facciamo sempre più schifo e siamo sempre più ignoranti, e radicali, e brutali, e intolleranti? Ti rendi conto che esiste una crisi energetica mondiale? Che c’è il problema della sovrappopolazione? Che il clima è cambiato? Che i livelli del mare s’innalzeranno e le città scompariranno, che l’acqua diventerà più preziosa del petrolio, che il sole brucerà la Terra e che soffocheremo? Ti rendi conto che tuo figlio crescerà in un mondo di merda, oppure no?”
Io non lo faccio. Non vado dalle donne incinta di tutto il mondo a vomitar loro addosso le mie ansie apocalittiche, il mio pessimismo cosmo-antropologico o il mio nichilismo riproduttivo. E allora perché devo spiegare, indagare, giustificare me stessa? Perché a un certo punto le uniche alternative per una donna NULLIPARA (che bella parola, suona tanto come “nullità”) devono essere tra “Povera, sfortunata, sterile” e “Snaturata, egoista, immatura”? Perché si dice “in stato interessante”, per indicare una donna incinta? Interessante per chi? Interessante per cosa? Capisco che essere gravide è un fenomeno che può succedere solo a noi, nel genere umano, ma chi l’ha deciso che a rendere una donna interessante per definizione debba essere la gravidanza e non, chessò, il suo lavoro, il suo talento, le sue battaglie politiche, le sue scoperte scientifiche?
Voglio dire, se una decide di fare figli, io la rispetto. L’ammiro pure, sinceramente, molto. Non sto lì a chiedermi se la scelta di riprodursi dipenda da un profondo desiderio di maternità, oppure da una vita troppo vuota, dal tentativo di aggiustare una coppia zoppa, dal bisogno di rimettere significato nella propria esistenza. Non mi chiedo se sia un’assicurazione sulla terza età: procreare oggi chi sceglierà in quale ospizio chiuderti domani, o chi si occuperà di pulirti il culo quando ti cagherai addosso, letteralmente. Io non sto lì a chiedermi se ti riproduci perché non hai usato le precauzioni, se lo fai per narcisismo, per amore, per egoismo, per altruismo, perché i figli a un certo punto si fanno, un po’ come la Cresima, che tu nel dubbio falla, e casomai se domani ti sposi – chiaramente in Chiesa – te la trovi fatta.
Insomma, non ho voglia di chiedermi: “Vuoi figli? Vuoi essere madre? Perché?” e l’unica ragione per cui scelgo di farlo, è che è giusto saperlo, almeno per me. È giusto, al netto delle mie posizioni ideologiche sulla maternità, sulla sua narrazione mediatica e sulla sua speculazione commerciale. Mi pare che ci sia una parte emotiva e naturale, biologica se vogliamo, che forse mi tocca prendere in considerazione. Ci sono i significati intimi che non è giusto ignorare. C’è che non conosco le emozioni che mi suscita l’idea di essere madre, perché a questa idea non ci ho pensato mai, finché la società – dai 25 anni in poi – mi ha suggerito – o imposto – di pensarci.
E allora pensiamoci. Solo che nel rispondere vorrei dare una lettura razionale ma ottimista, invece che negativa come al solito. Non dico assai, solo un po’ meno catastrofica. Così, tanto per scoprire l’effetto che fa. Magari in questo modo vedrei anche altro.
Vedrei la paura di non farcela fisicamente, ma anche la possibilità di riuscirci, perché no, in fondo ho un ciclo che è un orologio svizzero (ammesso che questo significhi qualcosa).
Vedrei la paura di non farcela psicologicamente, di opprimere mio figlio con le mie convinzioni, le mie ansie, le mie rigidità, la mia possessività, la mia angoscia del fallimento, quella fragilità piena di spigoli che ha condizionato tutte le relazioni umane più importanti della mia vita. Ma vedrei pure la possibilità di essere una madre in gamba, stimolante, divertente, aperta al dialogo, capace di crescere una persona buona e magari anche brava, diversa in tutto, ma molto simile. Di nuovo: perché no?
Vedrei una prova enorme per la coppia, la fatica di rinegoziare gli spazi e i pesi, ma vedrei anche una famiglia, un progetto condiviso e comune, un rifugio, una prigione, tutto quello che l’amore diventa quando mette radici. Costruirei una casa e avrei sempre più paura dei terremoti che possono distruggerla, e sarebbe faticosissimo perché cazzo se lo è, mettere i mattoni su, uno ad uno. Ma poi è anche bello, quando fuori si gela, avere quattro mura che ti riparino dalle intemperie, da condividere con le persone che ami.
Vedrei che la società non fa sempre così schifo, e che ci sono un sacco di persone per bene che si stanno impegnando in cause collettive, per un’educazione nuova al rispetto di sé e del prossimo, e dunque forse c’è speranza di migliorare (io ho enorme fiducia nei 15enni di oggi).
Vedrei il sacrificio ma anche la soddisfazione. Quella che leggo negli occhi dei miei genitori ogni volta che mi guardano, nonostante tutte le delusioni e le preoccupazioni che ho dato loro (che forse ancora do, ma preferisco non pensarci). Vedrei la capacità di continuare a crescere, a mettersi alla prova, a conoscersi, a emanciparsi dai propri limiti. Vedrei anche, in maniera più accomodante, che il fallimento fa parte della vita e che l’amore include la probabilità altissima di essere delusi; vedrei anche che un conto è non fare figli perché proprio non riesci, perché proprio non li vuoi…e un altro è precludersi questa esperienza per paura di fallire.
Vedrei che non sono l’erede spirituale di Maria Montessori, ma che un paio di libri di puericultura posso leggermeli pure io, nel caso. E che, in fondo, certe cose si imparano sul campo. E mica son scema, che non ce la posso fare. E nella vita si cambia, e forse non bisogna aspettare di sapere fare le cose alla perfezione, per farle.
Insomma, parte del mio futuro verterà sulla ricerca di questa risposta, provando a indagare il tema a un livello più alto, o magari più profondo. Proverò a guardare meglio dentro, schivando certe evidenze, come per esempio che se esistessero i vagoni del treno children-free, io li sceglierei sicuramente. Proverò a dare una lettura neutra di questa questione, per me stessa, in quanto individuo e in quanto donna, perché mi sembra giusto così, anche se sono formalmente cresciuta col mito del figlio frutto di amore incondizionato e comunanza di intenti.
Cercherò questa risposta e chiederò al mio compagno di fare altrettanto, in quanto individuo e in quanto uomo (che adesso che va di moda la bigenitorialità, è bene consultare pure loro). Un giorno, che non ho ancora fissato nel calendario esistenziale del nostro futuro, ci confronteremo sul tema.
Non so quale sarà la mia risposta, non credo neppure di poterne trovare una definitiva. Semplicemente, spero di ascoltarmi. Spero di riuscire a essere onesta, innanzitutto con me stessa.
Prima di arrivare a tanto, però, ho un altro importante drago emotivo da addomesticare: la gelosia! A questo proposito, pensavo che sarebbe bello scriverci sopra un libro, una specie di saggio pop…cosa ne pensate? Servirebbe? Vi tornerebbe utile? Perché la mia psicoterapeuta dice che la gelosia è fuori moda, ma io ne sono ancora una grande utente…e voi? Siate il mio personale focus group e ditemi cosa ne pensate!
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La mia opinione da 43enne senza figli, che si è fatta a lungo la stessa domanda, è (in versione molto semplificata): si fanno figli se si è ottimisti o egoisti. Se si è ottimisti, si crede fermamente che il mondo di domani sarà migliore (o almeno non peggiore) del mondo di oggi. Se si è egoisti, si crede che il mondo di domani sarà peggiore, ma mettiamo al mondo una nuova vita comunque. Mi sono spesso chiesta, nonostante abbia una vita felice, piena di viaggi, concerti, cene, un buon lavoro, una casa e un compagno da 20 anni: preferirei non essere mai nata? Al netto di tutti i dolori, gli sbattimenti quotidiani e la gioia che provo nell’annullarmi quando dormo, la risposta è: assolutamente sì! Ho considerato l’adozione, ma dubito che una coppia felice anche senza figli, che non ha mai provato a riprodursi possa essere una candidata papabile (a tale proposito, consiglio la lettura del nuovo libro di Leo Ortolani “due figlie e altri animali feroci”).
Io sono, in un certo senso, il tuo “opposto” : ho 28 anni e l’unica cosa che ho sempre sentito chiaramente dentro, da un’età che definirei imbarazzante, è un viscerale desiderio di maternità. Ti scrivo questo per dirti che secondo me, anche se sai da sempre la risposta a questa domanda, non hai risolto un beneamato: Sono sbagliata perché tengo più a questo che alla carriera? Sono un disonore per le donne che hanno combattuto per farmi avere tutte le possibilità che ho oggi?
Ti auguro di trovare la tua risposta, e di riuscire a non ascoltare l’insistente giudizio di chi riterrà “sbagliata” la tua scelta e cercherà di farti cambiare idea.
Il desiderio di un figlio è come l’amore, se stai là a domandarti troppo se ami o no significa no. La risposta non te la darà la razionalità, quella è importante ma viene dopo. Chi desidera un bambino fortemente vede tutti i lati negativi come effetti collaterali sopportabili. A meno che tu non voglia 4-5 figli, 33 anni non sono un’età così avanzata che o lo fai adesso o mai più. Tieniti il dubbio e prima o poi avrai naturalmente una risposta.
Volevo dirti che ho quasi 38 anni, due figli, un lavoro full time e guadagno più di mio marito. Che ce la si può fare. Che mi hai fatto morire dal ridere per come hai descritto le “gioie della maternità”, anche se non le hai ancora provate. le conosci già alla perfezione! E allora forse sei pronta anche a non escludere un giorno di fare un figlio. Perché una cosa non hai scritto: avere un figlio (attenzione non ho detto mettere al mondo, ma AVERE) è l’espressione più travolgente dell’amore e dell’affetto che si può provare. E una volta nella vita, se la meritano tutti.
Almeno una dei due veniva bene in quella foto… un saluto da quel tuo compagno di ballo storico 🙂
NON FIGLIARE. NON FARLO.
Lo vado dicendo anche ai miei due figli, ormai adulti: NON FIGLIATE!
Questo mondo non è fatto per i bambini, e nemmeno per i giovani; questo mondo è governato da uomini e donne di mezza età, come me, che hanno stabilito le loro regole del gioco, e che se ne fottono di quello che sarà domani.
Non farlo.
L’età dorata del neonato attaccato al seno che profuma di latte e bagno schiuma, del bimbo piccolo che balbetta sillabe incomprensibili e che ti incanta per il solo fatto di esistere DURA POCHISSIMO, PASSA PRESTO E LA RIMPIANGERAI PER TUTTA LA VITA.
Poi sarà solo sbattimento, e patemi, e fiumi di denaro che a quest’ora se non avessi avuto figli vivrei di rendita, e poi solo pranzi e cene luculliane che dovrai preparare tu, (eh sì che lo farai, per quanto emancipata tu possa essere, imparerai a tue spese che da un certo punto in poi il tempo trascorso coi genitori è misurato solo dalla quantità e qualità del cibo offerto) quando verranno a trovarti, e poi oddio sono invecchiata, aspetta, troviamo una badante analfabeta che ti assista nei tuoi soliloqui.
Senti a me, NON FIGLIARE e vivi la vita, chè la vita è già una cosa complicata da vivere per sè, figuriamoci se devi insegnare a vivere a qualcuno che ami smisuratamente e disperatamente e senza riserve.
Non è cosa.
Bellissimo commento. E la chiosa finale!
Applausi
No guarda, davvero…applausi!
Mah, Vagina, sei libera di non figliare come ti suggeriscono qui, io invece dico: figlia, figlia… o adotta se è più facile e non devi portarlo/a in panza per 9 mesi.
Comunque fai come ti pare, se non vuoi figliare tu, altri figlieranno, di bambini non sarà mai a corto il mondo… persino in Europa dove apparentemente il tasso di crescita è negativo… tanto ci pensano gli immigrati a figliare, loro mica si fanno problemi, alla fine la pressione demografica loro si farà sentire, è inevitabile.
Ho fatto due figli e ti quoto tutta la vita.
Troppe pippe.
Voler figli o no è un cosa che si sa già, da dentro, senza stare a riflettere sui pro e contro.
Cioè non lo si decide col cervello.
In ogni caso una donna, quando diventa madre, non vede altro che il figlio.
Voglio dire che nel momento in cui ce l’ahi ogni paranoia sparisce.
Cmq se deciderai di farlo, sappi che hai un’alta probabilità di doverlo crescere da sola con l’aiuto economico del tuo futuro ex.
Se la casa è di proprietà (anche se sua) sei in una botte di ferro.
“In ogni caso una donna, quando diventa madre, non vede altro che il figlio.
Voglio dire che nel momento in cui ce l’hai ogni paranoia sparisce.”
Marco sai cos’è la depressione post partum?
So cos’è, ma è un rischio che tutte le donne corrono.
Resto sempre dell’idea che l’autrice, non solo in questo post, si fa sempre un sacco di pippe mentali anche per le cose più banali (e bada bene che anch’io sono un tipo così, ma entro certi limiti).
Ti racconto questa: anni fa andai a fare una… “specie di volontariato” con un’associazione che portava da mangiare ai senzatetto che dormono in stazione centrale a Milano. Capitava di chiacchierare con loro… e ebbi modo di conoscere una giovane coppia di eroinomani (che dormivano sui treni fermi in parcheggio) con lei gravida. Ci tenevano tantissimo al loro futuro bambino e l’unica preoccupazione era che gli assistenti sociali lo avrebbero portato via.
C’è chi si fa troppe paranoie e chi troppo poche….
Beh, cara Vagina, se riesci a trovare una risposta, faccelo sapere.
Ma non per impicciarci dei fatti tuoi, ma per capire come hai fatto a capire.
Sembra di leggere nero su bianco il flusso di pensieri che prende il via quando, l’ennesimo estraneo o il parente ottuso, ti chiede “E quando ti sposi?” “Quando lo fai un figlio?”
Sembra sempre facile.
Alcune donne in attesa girano felici ed orgogliose della loro pancia enorme. Io le guardo e non riesco a respirare.
L’aria ha proprio difficoltà a circolare nei miei polmoni. Brucia quasi.
Poi guardo la mia e penso a quando riuscirò a trovare il coraggio di affrontare con me stessa questo discorso. Mi svincolo, lo evito.
Ma so che prima o poi dovrò farlo. E mi da noia anche questo. Il fatto che debba pormi il problema. E trovare una soluzione, una risposta.
Che dici, Vagina? Magari è proprio questa la risposta?
Come sempre adoro il tuo modo, divertente ma diretto, di affrontare discorsi spigolosi e amari.
Un abbraccio.
Io ho trent’anni e mi dico che ancora ho qualche anno per pensarci, ho sempre voluto figli ma più cresco e più non lo so se li voglio, sicuramente per tutte le consapevolezze di cui tu parli e che capisco appieno.
Per il discorso gelosia, vorrei che anche per me fosse passata di moda, ma indipendentemente dal mio volere, si presenta fissa e per cavolate (e al mio fianco ho un uomo che non mi da nessun motivo di dubitare, e vuole addirittura che gli parli delle mie paranoie per potermi rassicurare), a volte mi sento pesante per me stessa e difettosa: così non riesco a vivere appieno la mia relazione.
Prenoto già su amazon il libro sulla gelosia!
Non ricordo se pure io mi facevo tutte queste pippe mentali, prima di figliare. So che fino ai 30 anni ero fermamente convinta di non volere un figlio, ero follemente innamorata di mio marito, che un figlio lo voleva, ma io ferrea NO. Poi un giorno semplicemente mi sono resa conto che sì, lo volevo. Che ero pronta per avere un figlio. E nonostante tutte le “non-gioie” (che hai descritto alla perfezione!), non potrei immaginare la mia vita senza mia figlia, oggi. Smetti di pensarci ed una risposta, in un senso o nell’altro, verrà da sé!
Sai, credo che ad un certo punto capisci da sola se li vuoi o meno, ‘sti benedetti figli. Ma non è detto che la risposta sia risolutiva.
Io ho 28 anni, quando mi veniva chiesto, da ragazzina, se volessi avere figli ho sempre risposto che volevo essere una mamma giovane, tipo entro i 25, ma di fatto non ci ho mai pensato realmente. Ad un certo punto, un anno fa circa, la ginecologa durante un controllo mi ha chiesto cosa pensavamo di fare io e il mio compagno, perché nel caso volessimo figli conviene cominciare a provarci, perché con le ovaie che mi ritrovo potrebbe non essere semplice… o potremmo non riuscirci affatto.
Quando mi si è palesata la possibilità di non poterne avere mi sono resa conto di volerne. Mi sono spaventata di me stessa anche! “Ora so di volerne, ma QUANTO li voglio? Sarò una di quelle che sfasciano la coppia perché non può averne, ma li vuole più di quanto li voglia il compagno? Oppure una di quelle che fanno i debiti per le inseminazioni? Quanto peserà su di me questo volere dei figli?”
Come vedi, Vagì, non ci si accontenta mai.
Tutto quello che c’è nella mia testa tu l’hai scritto. Grazie, è bello sapere di non essere l’unica a sentirsi un po’ strana e un po’ diversa.
Mai voluti figli e mai interessata ai bambini (si si ok son carucci ma lo sono pure i gatti) e anche oggi che sto provando a confrontarmi con una relazione stabile l’idea mi sfiora a mala pena. Intendiamoci non c’è pericolo di porci il problema oggi perchè è davvero tutto troppo recente e sarebbe davvero folle ma viso che la mia età è ben più avanzata della tua un po’ di volte mi è venuto da chiedermi cosa direi se lui dovesse mai avanzare questa possibilità. Non mi dico non ne avrò MAI ma solo perchè gli assolutismi in passato li ho pagati abbastanza cari e vorrei evitare la legge di Murphy ma mi rendo conto che con i dubbi e le paure che mi ritrovo non potrei essere una buona madre perchè non riuscirei a mettere il bambino davanti (o a fianco) la coppia, senza contare che guardandomi intorno ho già ansia a vivere io in un mondo morente figurarsi se condannerei qualcun’altro.
Considerata l’età io non mi farei tutte queste seghe mentali. Hai tempo, ci sono buoni ginecologi/ghe, ma anche il nostro corpo risponde a tempo debito. Non è che se sei convinta, tac rimani incinta. Comunque come ho letto in un precedente commento si tratta di avere un figlio, biologico o no non fa differenza. La maternità è un salto nel buio, manuali, consigli, analisi non credo basteranno per trovare una risposta. Essere madre è un lavoro, anzi un lavoraccio. Si deve rinunciare a qualcosa da subito, e poi visite ed esami e la mammaria la suocera e le amiche che ti descrivono parto e allattamento e gli errori che non dovrai fare (e che tu sai già quali sono perché vorrai essere una madre diversa). Poi un giorno ti ritrovi un bambino in braccio… e ti accorgi che non te ne frega niente di quelle seghe mentali.
Poi col tempo te ne farai altre, ma questa è un’altra storia
A giorni nasce il mio primogenito. Sono pronto? No, non credo ci sia nessuno che possa dirsi veramente “pronto” PRIMA che arrivi almeno il primo figlio.
Ammetto che tra me e mia moglie quella più convinta sulla procreazione era lei, ma alla fine ho realizzato che questa è una di quelle cose che o decidi di buttartici o niente. Non c’è un razionale che tenga. Certo, ci sta la crisi, l’inquinamento, la microplastica, il rischio di allevare un serial killer, i ghiacciai che si sciolgono, le maestre a scuola che non sono più quelle di un tempo; ci sono le N cose che vorrei ancora fare e che con un figlio chissà se farò mai. C’è il mondo da girare, bellezze da scoprire, emozioni da vivere.
Però.
Però c’è che nessuno mi vieta di fare queste cose CON mio figlio, viverle con lui, emozionarmi con lui, dare la possibilità a qualcun altro di fare le esperienze bellissime che ho fatto io (perle in un mare di merda, ma pur sempre perle) e augurargli di farne altre, ancora migliori. C’è che non esiste sfida più grande e più bella di crescere una persona che possa essere, si spera, migliore di me. C’è da passare un testimone, per non rendere fini a se stesse tutte le battaglie per cui quotidianamente ci impegniamo.
Poi magari tra qualche giorno, quando me lo troverò tra le mani, vorrò solo morire e tornare indietro, mentre impazzisco tra cacche e pannolini e pianti e isterismi. Ma se ce l’hanno fatta le N generazioni che mi hanno preceduto, non deve essere poi così male:D non vedo perché dovrei fallire io!
Penso che sia bellissimo farsi tutte queste domande, però penso che se stai a valutare ogni pro e contro, oppure quale sia il momento migliore per fare un figlio (quando avrò un lavoro… un lavoro migliore… una casa… una casa adatta… l’auto nuova… Giove in trigono… la pace nel mondo e via dicendo), un figlio alla fine non lo farai mai.
Credo che, come in tutte le cose di cuore e difficili, serva un po’ di incoscienza e soprattutto un’enorme responsabilità.
Io mi sono assunto le mie responsabilità e, nonostante un divorzio che non avrei mai voluto per i bimbi, è una cosa a cui ora non rinuncerei mai (già rinuncio a 7 giorni ogni 14).
Lo rifarei ripensando di nuovo a tutto questo? Non lo so, ma le domande sono per chi ha di tempo di farsele… e se hai figli (parti da questo presupposto) non hai tempo!
Come scritto in un altro dei commenti ‘ho desiderio di maternità da un’età che definirei quasi imbarazzante’, desiderio giustamente tenuto a bada nel corso della vita per attendere la quadra perfetta di: lavoro, indipendenza, casa, compagno. Ora ho 30 anni e la quadra c’è, mi sono pure inaspettatamente sposata, il che ha messo un carico da 90 sulle aspettative altrui, li sento tutti intorno a me che premono: Quando lo fate un figlio? E io, che prima ne ero così convinta, ho iniziato a titubare e a mettermi davanti, davvero, per la prima volta, tutti i pro e a tutti i contro che un figlio comporta.
Ho elencato mentalmente tutto quello che hai scritto tu: abisso socio-politico-ambientale, gente sempre più ignorante, povera e insoddisfatta, io ce la farei? ,il rapporto con mio marito che con la prole andrebbe riallineato e poi, ho sentito che i bambini di oggi da grandi vogliono fare ‘l’influencer’ e qui mi si sono definitivamente congelate le tube. Allora ho iniziato a pensare all’adozione, che per lo meno se devo scombussolare tutto lo faccio per una giusta (giustissima) causa, ma anche questa strada non è mica dritta e asfaltata.
Poi mi sono accorta che tutti questi pensieri hanno iniziato a rabbuiarmi le giornate. Io da sempre iper razionale, ponderata, quasi macchiavelica nei miei progetti, che controllo costanti e variabili praticamente anche per portare fuori il cane, mi sono semplicemente detta ‘ lo voglio? Si. Punto’
Mi sono arresa allo stesso moto egoistico che ci ha spinto fino ad oggi ad arrivare a quasi 8 miliardi di persone (preservativi rotti e Moscow mule di troppo a parte). Io voglio un figlio, voglio provare quell’amore enorme di cui tutti parlano, voglio mettere qualcuno davanti a me e davanti a noi, voglio guardare mio marito negli occhi e vederli lucidi della stessa emozione che lucida i miei.
Vedrai che alla fine di tutti questi interrogativi succederà anche a te di capire, senza girarci troppo intorno, se ne hai desiderio oppure no. In caso affermativo confido delle tue grandi potenzialità educative, vorrei tanto averti come consuocera 😉
Stellina…io di anni ne ho 35. Un lavoro stabile da quasi 4 anni dopo 3 di disoccupazione. Sto con lo stesso uomo da 15 anni. Da due anni abbiamo fatto un mutuo per casa nostra. Lui è interinale, siamo tirati per i capelli su ogni spesa. Abbiamo un’ auto sola perché due non riusciamo. No ferie perché non ci sono i soldi anche per quelle. Viviamo per noi stessi e il massimo che ci concediamo e la serata sushi quando possiamo e un week end alle terme per l’anniversario. Nemmeno ogni anniversario. Lui vuole dei figli da sempre. Io non ne ho mai voluti avere. Ma non è un categorico NO, è che mentre lui ha sempre saputo di volerli, io ancora aspetto di volerne. Chi li ha ti dice che ad un certo punto ti scatta tipo il click nella testa e parti. Sei madre anche se ancora non fecondi una cippa. Boh. Tuttora penso che sarei una buona madre, che avrei tante cose da poter insegnare a mia figlia (perché io, se devo, mi impegno a fare una bimba) che vorrei non fosse come me ne come il mio compagno, ma che prendesse solo il meglio da entrambi e che i difetti se li creasse da sola. Mai vorrei mettere la lo do un essere umano che erediti le mie stronzate emotive, mai. Per l’amor di Dio. Ma poi mi rendo conto che economicamente fatico a far fronte alle mie esigenze, sono al pelo, se mi capita una spesa imprevista, come dover cambiare un pezzo alla macchina, sono nella cacca. Siamo, nella cacca. Il mio compagno gira da 4 anni con l’impianto dentale rotto, senza due denti, perché aggiustarlo costa millemila euro, e cui cazzo li ha. Non voglio mettere al mondo una vita, per poi ritrovarmi a dover decidere se pagare la bolletta del gas, della luce o il suo apparecchio ai denti. Non voglio togliere il poco che mi permetto per me stessa per dare il minimo indispensabile ad un ipotetico figlio. Non voglio che il mio compagno senta il peso del lavoro che non basta mai gravare anche su chi non ne può niente, perché noi siamo adulti, ci siamo trovati nella merda, senza un soldo, ed ora stiamo piano piano ricominciando da zero, pure dal conto in banca, ma i nostri genitori, coi sacrifici, ci hanno dato molto, senza ricchezza. Noi, oltre all’amore e ad una cultura musicale e cinematografica di tutto rispetto, non abbiamo i mezzi per offrire di più. E non si vive ne solo di amore ne solo di culti a generale acquisita. Ed è triste.
Mi sono riprodotto. Per egoismo, perché lo volevo, perché non sapevo a cosa andavo incontro.
Il risultato è che, vissuto di persona, è molto peggio di quanto sembri.
“Le notti insonni” significa 2 anni di notti insonni. E sbattimenti di cui avremmo tutti fatto volentieri a meno.
Ma c’è un altro lato da considerare. Due, anzi.
Il primo è che provo dei sentimenti strazianti e fortissimi che non avrei nemmeno saputo immaginare, prima.
Parliamo di una esperienza umana ignota e non necessaria, ma contemporaneamente insostituibile.
Poi ci sono piccoli momenti di felicità, a cui non saprei mai più rinunciare.
Questa è una di quelle domande a cui nessun altro che te può dare una risposta, quindi ti consiglio di leggere i nostri commenti solo come fatto statistico e poi buttarli allegramente alle ortiche (avevo scritto nel cesso ma poi non mi sembrava fine). Ciascuno ha la sua esperienza e il suo vissuto e non è detto che, dei mille individui che possiamo essere, quello con figli da crescere sia migliore di quello realizzato nel lavoro di amministratore delegato o di quello fancazzista cronico o di quello di naturalista birdwatcher con vocazione all’anacoresi. Direi anche che dovremmo in fondo smetterla con questi stereotipi e che non è detto che uno debba rientrare per forza in qualcuna delle suesposte categorie o non possa partecipare all’occorrenza di più d’una di esse in simultanea o eventualmente anche tutte. O nessuna, invece, ed essere qualcosa di totalmente diverso e nuovo. Penso anche che si debba entrare nell’ordine di idee – ma so che tu già lo sei – che la decisione di fare un figlio è qualcosa che coinvolge non solo una ma due persone perché stravolge (in bene e in male) la vita di tutte e due, anche se di fatto è vero che la donna è la più direttamente interessata, se non altro perché soggetto fondamentale del confezionamento e della prima messa in pista del pargolo. Sconsiglierei certamente di fare un figlio se non si ha l’assoluta consapevolezza della completa condivisibilità dell’evento con la controparte paterna, quanto a oneri e onori. Ciò vuol dire che personalmente non contemplo nemmeno l’eventualità di figliare se non in presenza di un compagno disposto a sostenere con me le responsabilità personali, umane, relazionali, professionali, economiche dell’atto (e quindi, va da sé, anche se sarò fuori moda, di mettermi e farsi mettere una fede al dito in modo che entrambi possiamo certificare al di là di ogni ragionevole dubbio la nostra intenzione di prenderci cura l’uno dell’altra per un periodo ragionevolmente lungo, se non proprio per sempre): questo per il bene mio, certo, ma soprattutto del pupo, che cresce bene solo se consapevole di avere due genitori equamente disposti a farsi il culo per lui (e dai quali naturalmente impari l’opportunità di farsi il culo un giorno per le cose a cui tiene). E che il padre del bambino va amato e rispettato nel suo ruolo di padre esattamente nello stesso modo in cui vogliamo che ci ami e ci rispetti lui. E che un padre ci vuole, ed è una figura essenziale quanto la madre nella vita di un figlio, quindi buono a sapersi per le inseminazioni single ma diciamo che per ‘sto giro passo la mano. Ha ragione anche chi ti dice che fare un figlio non è cosa su cui si debba pensare filosoficamente un’era geologica prima di decidere, altrimenti quelli che hanno figli, data l’entità della questione, dovrebbero essere tutti degli scienziati; e che non si impara da prima ad essere genitori ma ce lo insegna la vita, a ognuno in modo diverso, come in modo diverso ci insegna a essere umani. E che quindi, certo, a qualcuno riesce meglio ad altri peggio; ad alcuni schifosamente, anche. E forse la cosa importante, nel farlo, è la buona fede e la buona volontà, la disponibilità a mettersi in discussione strada facendo.
Ti dirò che avevo la tua età quando ho avuto il primo, che ho voluto non perché nella vita mi mancava qualcosa ma perché mi sembrava in quel momento di aver qualcosa da dare. Che ne ho avuti due ed è stata un’esperienza al di là di ogni più ardita immaginazione nonostante non fossi un’adolescente quando l’ho fatta e me la fossi andata scientemente e recidivamente a cercare. Che è stato un periodo eroico, sfiancante e bellissimo, che mi ha cambiato profondamente e al termine del quale sono diventata la persona che sono, buona o cattiva che sia. Che non credo che sarei stata peggiore se non li avessi avuti, che probabilmente sarei stata felice e realizzata lo stesso, oppure no, tale e quale ad ora, ma che li amo e loro mi amano e amano il loro padre, e che stiamo ancora tutti insieme dopo una caterva d’anni, il che mi sembra un risultato enorme anche se la sera capita che ci girino i coglioni e ci mandiamo affanculo, sempre con rispetto, s’intende.
Se siamo cresciuti in una famiglia, diciamo così, classica (cosa che capitava a molti della mia generazione), veniamo naturalmente portati a pensare che un giorno avremo dei figli anche noi. E ammetto che per me certamente è stato così, e che questo modello, senza neanche troppi interrogativi, era da me stato introiettato fin da piccola come esperienza affettiva primaria, per così dire. Ho fatto figli, in fondo, perché li aveva fatti mia madre prima di me, perché avevo un uomo che amavo e una casa in cui vivere e mi sembrava del tutto conseguente diventare madre. Ma ho aspettato 33 anni (oggi sarebbero anche 40) perché la mia natura, in modo perfino inconsapevole e poco filtrato, mi portava allora a cercare nella professione, nella vita “fuori di casa” le mie gioie personali, la mia realizzazione, e io l’ho seguita. Sono diventata cosciente col tempo, pur amando i miei figli più della mia vita, che non sarei mai stata felice se fossi vissuta solo per loro, se avessi fatto solo la madre. Che le mie aspirazioni più intime non avevano affatto a che fare con l’allevarli, anche se nell’allevarli ho speso tutta me stessa senza rimpianti. Non ho mai vissuto la loro vita, ho sempre vissuto la mia, lo dico oggi senza complessi e con un certo orgoglio, invece, perché questo mi sembra sia stato in fondo il motore intimo del mio essere madre: l’aver qualcosa da portargli più che qualcosa da prendergli, il pensiero che sarei stata bene anche senza di loro e che quindi forse, proprio per questo, potevo essere per loro una buona madre. Ho sofferto molto – non è vero che non t’importa più di te stesso – gli anni faticosissimi in cui mi sembrava che la mia vita privata fosse stata abolita, quando dovevo aspettare l’una di notte per trovare la concentrazione per fare le mie cose, ammesso che mi reggessi ancora in piedi a quell’ora, le infinite e costanti preoccupazioni che mi dava il pensiero che non si facessero male, che non si buttassero dal balcone, che non soffocassero nel sonno o mentre mangiavano. L’amore così forte da fare male, diverso da qualunque tipo di amore mai provato prima, perché amore per una persona totalmente indifesa e bisognosa di tutto, e dipendente da te, che piangendo o con un solo sorriso ha il potere di bucarti il cuore. Ho fatto bene o male? Non so. C’è ancora molto da fare e oggi i problemi sono di tipo diverso da un tempo, ma loro vivono la loro vita e sembrano contenti di averla, parlano con me. Lascio a mia suocera il divertimento di fare la suocera anche alla ragazza di mio figlio, di contarle quanti denti ha in bocca e di agitarsi per il pranzo del sabato. Io mi sono concessa il lusso di chiedergli se erano felici, con discrezione, e di cercare di sostenerli se ci riuscivo. Di stare bene se loro stavano bene, non se stavano con me. E per adesso mi sembra che funzioni. Di più non sarei capace di dire.
Ti leggo da molto tempo. Ti aorezzo tanto come persona, come donna e come scrittrice. E credo personalmente che saresti un ottima mamma, e una persona più completa a poter vivere questa esperienza. E giusto riflettere, perché è una decisione importante, da cui non si torna indietro, ma che in compenso si può vivere più in libertà di quanto tu immagini o te lo descrivi adesso. Un abbraccio.
Non so come pensarla nemmeno io
metti mica online una lista in aggiornamento di pro e contro?
Sai cosa, adesso tu pensi di poter scegliere se vuoi o non vuoi figli ed io condividevo appieno i tuoi pensieri, poi ho capito che non hai più possibilità di scelta se non puoi!
E se tu non potessi scegliere, vorresti?!?
Cara Vagi,
Ho 38 anni e da 8 mesi sono la mamma di Emma. E ovviamente ho sonno mentre ti scrivo.
Io sono una che nella testa ha sempre avuto l’idea che sarebbe diventata mamma. Facevo progetti parlando con le mie amiche…ma non ero mai pronta davvero. C’era sempre un ultimo bicchiere di vino, un’ultima sigaretta, un’ultima bravata che proprio di maternità non avevano neanche l’ombra.
A un certo punto l’ho sentito forte e chiaro. All’improvviso. Eccolo. Voglio un figlio adesso.
Magari era solo la paura dell’idea di doverlo accompagnare alle elementari con la badante, o di non riuscire a correre dietro la sua bicicletta… Fatto sta che è arrivato.
Nonostante tutto, le linee blu sul test scatenano una sola reazione: panico. Vuoi ubriacarti e fumare ma è l’ultima cosa che puoi fare.
Anch’io vittima di pubblicità ingannevole da parte delle “pancine” convinte che la gravidanza sia il periodo più bello, ho cominciato ad aspettare. Non è bello per un cazzo.
I vestiti non ti entrano, hai fame ma ti viene da vomitare, chiunque deve raccontarti la sua gravidanza, analisi da sfamare una famiglia di vampiri, una stitichezza che non si possono raccontare i dettagli, voglia di sesso mentre diventi una balena e mille altre potrei dirne.
Per non parlare del fatto che i 35 io li avevo superati. Quindi un bell’ago nella pancia e 20 giorni di terrore pregando di non dover pensare all’idea di porsi l’unica domanda che una donna incinta non vorrebbe porsi.
Il parto poi è davvero una cosa splatter e animalesca. Un’esperienza bellissima e traumatica. Non sei pronta neanche leggendo tutti i manuali preparto del mondo. Non sei pronta a quelle urla, a quel dolore, ad essere ricucita in posti impensabili. Non sei pronta al fatto che in quel momento nasce anche una mamma. Con il delirio di onnipotenza che ne consegue. È lì che lo imparano le mamme. Guardi il bambino e dici “cazzo l’ho fatto io…sono proprio brava!” (In quel caso la scienza passa in secondo piano… Sono gli ormoni che parlano!).
Diventi pronta in quel momento.
Quando scopri che non profumano di bimbo ma di cacca di colori assurdi e rigurgitini. E che un po’puzzi anche tu. Quando scopri che dormire è un lusso e ripensi alle domeniche in cui eri depressa perché ti annoiavi. Quando scopri che c’è una vita che dipende da te…e che mamma è davvero il nome di Dio sulla bocca dei bambini (infatti Emma dice solo papà).
Adesso io continuo a lavorare. A 4 mesi l’ho mandata al nido.
Succede che lei abbia la febbre quando ho una riunione importante, che mi renda difficile tutto, e che certe volte penso che sarebbe più facile un part-time.
Poi però capisci che acquisti una competenza in time management importantissima e vai avanti.
Non è facile, no. Lo rifarei? Mille volte.
Sottoscrivo parola per parola. Quest’anno sono 40. Da 5 ho abbracciato l’idea che potrei non avere più figli.
Da due ho una relazione, LA relazione.
Mesi fa ero in trip ormonale: oddio, sono in tempo per figliare. Lui voleva aspettare.
Ho rimesso sul piatto la possibilità dell’infertilità.
Adesso ne parliamo, seriamente e in un futuro imprecisato ma vicino.
Vorrei dei figli? Sì. Perché? Io sono completa, non ho bisogno di riprodurmi. Però mi piacerebbe. Non fosse che per curiosità di vedere la mia vita cambiare di nuovo, e amare qualcuno più di me stessa.
Curiosità che so bene che, entrando nei quaranta, potrei anche non poter soddisfare.
dr ti poni le domande esposte qui, credo che figli non arrivano, se non per sbaglio – ovvero hai calcolato male i tempi.
E’ un po’ come amare. troppe domande e l’amore puff! svanisce.
Cara Vagy, ti leggo sempre anche se commenti un pò meno…spero mi perdonerai (sono al momento incasinata con il mio secondo narcisista, tanto per non farmi mai mancare nulla, visto che uno non bastava a quanto pare 😄).
Meno male che ti fai questa domanda….una volta una donna nemmeno si poneva perché era scontato ed inevitabile che il definì fosse quello: brava moglie e madre possibilmente di prole maschile. L’opzione bis non esisteva. Se ti rifiutavi entravi nel limbo delle zitelle rinsecchite, e la tua vita finiva là.
Oggi per fortuna non é più così, mai come oggi fare un figlio é una libera scelta, anche se purtroppo vedo tanti che li fanno solo per io gusto di postare le foto del pancione del parto fino alla prima cacchina verde-giallo sui social…e qui mi sa che non abbiamo capito molto dell’essere genitori.
Ieri mi figlio ha scoperto l’esistenza di Wanda Nara e mi ha chiesto “ma cosa diranno i suoi figli quando scopriranno che la madre ha messo foto de culo su internet”?
Non ho saputo rispondere.
Viviamo in un mondo per cui tutto é mediaticizzato, ci si fidanza facendolo sapere a tutti con una bella poto profilo di coppia su Facebook….vien da sé che poi tutti si aspettino “il seguito” della storiella, con tanto di ecografie particolareggiate dell’erede in arrivo.
Per cui si, fai più che bene a farti questa domanda, se sia il caso o meno di far conoscere questo mondo ridicolo ad un essere umano o risparmiargli di vedere un giorno il culo di Wanda o l’ultimo lifting di Dontella Versace.
Poi però ti rendi conto che il mondo é anche un milione di altre meraviglie, e che sarebbe bello che altri occhi potessero vederle….
È una scelta difficile. Oggi più che mai.
Non ti auguro di diventare “mamma” ma di essere sempre una donna che fa scelte profonde e non dettate dalla società. E sono certa che qualunque scelta sarà bella perché sarà il frutto della tua gran testolina.
Un grosso abbraccio
Vagi, davvero complimenti non solo a te per quello che hai scritto, ma stavolta complimentissimi a chi ha scritto i commenti! Fanne tesoro, da mamma che sono mi hanno fatto commuovere per la verita’ la forza e la bellezza che esprimono.
🌸
anche io ho 33 anni e stesse domande.
Mia cara, io da sempre sapevo di non avere chissà quale istinto materno, eppure figli ne volevo, difatti ho una bimba di 4 anni e uno/a in arrivo…
La domanda che ti fai e le risposte che ti dai, negative e razionali, sono tutte vere, te lo assicuro perché ci passo ogni giorno.
In realtà due sono i pensieri che devi affrontare: sei pronta a mettere davanti a te stessa e alle tue esigenze un altro essere umano? Quindi il sonno, il tempo x te, x gli amici, x il tuo compagno si riducono decisamente…..
E poi, questa scelta di vita di fa in due….il tuo lui vorrebbe un figlio?! È importante sceglierlo insieme, anche xché un bambino mette decisamente alla prova un rapporto, quindi bisogna esserne convinti…
Se questi due quesiti sono entrambi positivi, allora hai trovato la tua risposta!! Un abbraccio
io sono mamma e nonna.. nella vita sono stata una figlia primogenita amata e coccolata.. una figlia dei fiori… una femminista sfegatata …prima.. poi borghese e maniaca della carriera. Per un po’, nonostante relazioni stabili.. ho negato a me stessa il desiderio della maternità.. mi dicevo che quel lieve senso di insoddisfazione che di tanto in tanto faceva capolino .. era più che altro dovuto alla curiosità di conoscere quelle senzazioni di cui tante donne andavano fiere… poi.. per caso.. ho conosciuto il mio attuale marito…. un uomo all’antica.. con il forte senso della famiglia.. un uomo dal quale tante volte sono scappata prima di arrendermi all’amore… e dopo è stato tutto naturale… non più domande.. non più risposte.. tutto come doveva andare… sono nati i figli e poi i nipoti… con loro ho provato tutto quello che si può provare in una vita.. gioie e dolori… ma non mi sono mai pentita di nulla…anzi … a distanza di quasi 40 anni…posso affermare con certezza e onestà.. che non avrei voluto .. per me.. una via diversa da quella vissuta..
mettere al mondo un figlio è sempre un’incognita. Il desiderio di diventare madri o padri o lo si ha oppure non lo sia, è una faccenda emotiva, viscerale, non razionale. Farsi una gran quantità di domande non ha senso, l’unica preoccupazione ragionevole è quella di riuscire a mantenerlo. Se si vive in un’auto con il sussidio di disoccupazione magari è meglio soprassedere e aspettare tempi migliori; per il resto non c’è niente di definitivo nella vita e tutto è precario. L’unica cosa che dovresti domandarti, al di là di tutte le tue paure, è se c’è posto nel tuo cuore per quel lui o lei che verrà.
Spero che alla fine tu i figli li faccia.
Primo perchè è un’esperienza pazzesca e non aggiungo altro perchè gli altri commenti hanno detto abbastanza.
Secondo perchè muoio dalla voglia di leggere i tuoi commenti da madre; cioè da femminista impegnata e cazzuta e anche madre; perchè se è vero, verissimo, sacrosanto che non è necessario essere madri per realizzarsi come donna o come essere umano, è anche vero che da madre difendere i propri diritti diventa quasi impossibile. Nuotare controcorrente con un bambino, o due, o tre, in braccio è sfiancante e anche pericoloso. Per cui si finisce per chinare il capo, magari non sempre ma comunque spesso. Davanti al demansionamento sul lavoro. Davanti alla vita sociale che langue. Davanti ai consigli non richiesti. Davanti al senso di inadeguatezza. Etc etc etc.
Eppure anche qui un altro modo deve essere possibile, non può la maternità che la contemporaneità ci propone essere l’unica possibile, e non può la rinuncia essere l’unica uscita dal dilemma. Noi dovremmo chiedere il pane, le rose e anche i biberon. Se poi a qualcuna non interessa va benissimo, ma ho la sensazione che tra le molte donne che oggi rinunciano tante lo facciano perchè le aspettative che gravano sulla schiena di una madre sono troppe, troppo pesanti e spesso contraddittorie, giusto per confondere meglio le idee.
Per questo mi interesserebbe il parere di una Vagy-Mum.
Tu dirai un grande “esticazzi”, peraltro forse giustamente dal tuo punto di vista. È un tuo diritto e lo rispetto. È un mio diritto dirti che non mi piace l’evoluzione markettara della tua pagona e smettere di seguirti. Mi piaceva leggerti prima e mi fa cagare vedere che fai pubblicità su facebook. Hai perso lo smalto e la freschezza ibiziale che apprezzavo. Scusa la franchezza ma è così. Dettp questo “estocazzi” per tutti. Buon proseguimento comunque., ciao.
io non ne ho ancora a 36 anni, ma la mia amica madre di due dice che i figli si fanno in un momento di incoscienza, che se ci ragioni troppo non li fai… insomma se ami quella persona e ti sembra una persona che potrebbe essere un minimo un buon padre, allora si possono fare… tipo salto nel vuoto giu in picchiata a occhi chiusi…
Alla vigilia dei miei 30 anni, posso dirti cosa ho imparato negli ultimi 5: ho passato 8 anni di storia con EX, finita a 26 anni, in cui per tutto il tempo insieme ho urlato a me stessa e al mondo che non avrei mai fatto figli, che dovevano smettere di pensare a me e a EX come genitori di qualcuno in futuro, che ogni volta che usciva l’argomento giuravo che non avrei fatto mai figli al costo di togliermi tutti gli organi adatti allo scopo. Poi, ho incontrato Lui, l’amore della mia vita. L’uomo con cui ora vivo e so di voler stare e costruire una famiglia. Non ero io a essere sbagliata, era EX – o meglio, io insieme a EX! Sento che non è ancora il momento, ma so che vorrò avere figli da inondare dello stesso amore di cui io e Lui ci ubriachiamo ogni mattina e ogni sera, durante il giorno con parole dolci e in ogni attimo che passiamo insieme. Non penso vorrò mai avere dei figli per egoismo, per paura di invecchiare o perché ho una vita vuota: ho capito che il motivo che mi spinge a pensarmi madre è l’amore incodizionato ed eterno, il desiderio di trasmettere affetto e la gioia di poter vivere una esperienza emotiva così importante insieme a Lui. Forse quindi, l’unica vera domanda da farsi non è se figliare o non figliare, ma – se sì – perché.
Io di anni ne ho 34…fare figli non fa parte del mio “progetto esistenziale”, e nemmeno la vita di coppia a questo punto…sono sempre più schifato da questa società borghese,consumista e ipocrita dove regna l’ignoranza e le ripetute delusioni ricevute dal prossimo non fanno che alimentare il mio desiderio di solitudine e isolamento…non mi sento nè triste nè depresso…ho le mie passioni ed interessi,(mountain bike, escursionismo, volo a vela che pratico in una sana e beata solitudine durante la quale contemplo la bellezza della natura, che nulla ha da spartire con la miseria umana)chiunque non ci sta dentro può rimanere fuori per me…non sopporto la gente sedentaria e che non ha voglia di muovere il culo dal divano(sanno solo mangiare porcate e stare inchiodati sul divano, e si muovono esclusivamente in auto)…ciò mi ha reso sempre più misantropo e nichilista al punto che nemmeno cerco più una compagna…e anche se la trovassi sicuramente dovrebbe condividere la mia posizione sul fatto di che procreare è un’atto di puro egoismo biologico…avere la lungimiranza di non farlo è un favore all’ambiente e alla massa di beoti che continua a farlo…
Non è obbligatorio fare figli, ma non è neanche obbligatorio avere chissà quale “vocazione” per farli. Fare figli è una normale tappa dell’esistenza (normale, non obbligatoria) e non una missione di vita. Una può essere stronza e fare figli, non amare i bambini e fare figli, essere concentrata sulla propria carriera e i propri interessi e fare figli. Mi fa piacere ci siano persone che sentono fortissimo questo desiderio da sempre o quasi (penso sia davvero una fortuna, specie se poi si realizza), ma tanta gente più tormentata fa figli comunque. Per non avere rimpianti, per vedere com’è, perché non si hanno validi motivi per non farne (i validi motivi sono quasi sempre soggettivi), perché al partner piacerebbe (no, non sto dicendo perché obbligate dal partner), perché una volta abbiamo conosciuto un bambino carino. Non è detto che i genitori poco conviniti siano destinati a essere genitori peggiori, anzi, magari il fatto di avere minori aspettative facilita la vita a loro e al pupo. L’unica cosa che mi sento di consigliare, a chi non ha una vocazione fortissima, è di fare i figli il meno possibile “da soli” e attivare da subito la più vasta rete possibile di aiuto, a cominciare ovviamente dal partner.
Scusa, faccio la scassapalle della situazione, me ne rendo conto e chiedo anticipatamente perdono, ma è una crociata che sto portando avanti da quando sono incinta e mi capita perciò molto spesso di sentire/leggere cose sull’argomento: l’aggettivo incinta va concordato! Le donne sono incinte, se sono più di una. Non so perchè questo errore sia così diffuso anche tra persone di buonissima cultura e grande padronanza della lingua, ma lo è. Ecco, predicozzo da grammarnazi fatto, è antipatico, lo so… ma salviamo le donne incinte!
Ragionare sul farli o no non ha senso. Sul piatto della bilancia dei no hai troppa merda.
Le ultime pestilenze comprendono i gruppi whatsapp di calciobasketscuola e fanculo a tutti.
Non puoi ragionare sul futuro che li aspetta o sul riscaldamento globale o sull’emigrazione inevitabile per lavoro.
Alla fine non li fai.
Poi basta quel canestro sulla sirena e lui che si gira a cercarti con gli occhi e passa tutto.
Ti ho scoperta come scrittrice da poco tempo, e la cosa mi rattrista perché scrivi veramente bene e soprattutto è un piacere leggerti, ciò che scrivi scorre come un fiume in piena. Ho vent’anni e frequento il secondo anno di università, posso dirti che sono abbastanza sicura di non volere figli in futuro, e non lo dico solo perché ho vent’anni ed è giusto non pensarci a questa età, lo dico perché ne sono piuttosto convinta. Essere madre è un’inclinazione, è qualcosa che sai di avere e di volere, essere madre è amare. Sono un tipo di persona che pensa che la maternità non fa parte della propria indole, e la cosa non mi fa sentire né diversa né superiore a chi sceglie di diventare madre, ognuno ha obiettivi diversi e vocazioni diverse. Ho sempre sostenuto che tutti siamo figli dell’inconscienza ed è giusto che sia così, se effettivamente tutti iniziassimo a pensare ai pro e i contro di ogni cosa, non riusciremmo a vivere. Sono d’accordo sul fatto che ci troviamo in un mondo che sta piano piano degradandosi e parlo di ogni aspetto, ma se ci mettessimo a pensare tutti i giorni al fatto che la vita è dura e poi si muore, e che l’esistenza può essere inutile e vana, allora persone come Margherita Hack, Hannah Arendt, Isaac Newton, hanno avuto un’esistenza priva di significato? Sapevano che ciò che pensavo, dicevano e scrivevano, avrebbe mai avuto importanza? Sono certa di no, però ci credevano in ciò che facevano, hanno giocato un ruolo importante nella società e come loro altri ancora, a partire dal gelataio fino ad arrivare alla Cristoforetti che va nello spazio. Anche andare all’università è un parto (metaforico), devi combattere le tue insicurezze, le tue paturnie e a volte ti domandi:”ma ne sono veramente all’altezza?”. Pur sapendo che era tosta ho mai avuto dubbi sul fatto di voler studiare? No. Perché è una mia inclinazione ed è ciò che amo fare, se veramente mi fossi messa lì a guardare i pro e i contro, senza dubbio non avrei continuato a studiare. Quindi, perché lo si fa? Perché si ama.
Con l’istinto materno secondo me o ci nasci o no. Visto l’articolo che hai scritto direi che forse per te non è il momento.
Io in treno se vedo un bambino mi ci siedo di fianco e so che sarà un viaggio privo di noia.