Negli ultimi mesi ho imparato un casino di cose.
Per esempio, ho imparato che il pessimismo cronico non è un vezzo da anime torbide e misteriose, ma un limite, un’autopunizione. Oppure, che c’è una differenza tra ciò che sono e ciò che faccio. Oppure ancora che crescere significa anche, davvero, imparare a sbattersene il cazzo dei giudizi, dell’approvazione, del bisogno infantile di piacere a tutti e di non dare dispiacere a nessuno.
Ho imparato che la stima e il rispetto di sé, devono essere saldi, al centro, e non dipendere dal modo in cui gli altri ci vedono. Chiunque siano gli “altri”: la famiglia, i colleghi, gli amici, i partner, i follower, i numerosi intellettuali dell’oggi.
Ho imparato che ci sono cose che a un certo punto devi saper fare e basta: come star zitta, come spiegare, come ascoltare, gli altri e te. Prenderti il tempo che serve, decidere, scegliere, rischiare.
Ho imparato che superare i pregiudizi sugli altri è liberatorio, perché ti aiuta a superare i pregiudizi su te stesso.
Ho imparato che il presente conta più del passato, e che le energie bisogna destinarle al futuro.
Ho imparato che drammatizzo sempre, tutto, troppo. Pianto ogni volta un casino, anche quando non serve.
Ho imparato che la severità è un rimedio estremo, non uno strumento infallibile.
Ho imparato che essere rigidi serve a poco, con gli altri e con sé.
Ho imparato che essere incazzati è umano, a volte persino utile, ma che nella rabbia non si può friggere a lungo, perché ci si brucia e non è vero che il fritto è buono sempre: il fritto bisogna saperlo fare. E che lamentarsi fa bene, ma solo per 5 minuti.
Ho imparato che sedurre è un’arte, mica una colpa o un merito.
Ho imparato che è inutile affannarsi e consumarsi nel tentativo vano di tenere tutto sotto controllo, perché tanto la vita fa comunque il cazzo che le pare. E che la vera abilità è giocare al meglio le proprie carte; restare in piedi mentre la corrente tira, fuori dalla calma piatta e della scatola dei nostri ingranaggi.
Ho imparato che se ti fa male qualsivoglia parte del corpo, forse non vuol dire necessariamente che stai per morire.
Ho imparato che se le cose vanno bene, bisogna essere grati al destino, al fato, alla dea bendata, oppure a dio, se siete quel genere di persona lì. Ma pure a se stessi, e a chi c’è stato accanto mentre la merda imperversava a fiotti in un ventilatore sparato addosso a noi (semi-cit).
Ho imparato che l’amicizia è eterna, ma non lo sono le persone, né le vite, né le esigenze che abbiamo, e che gli amici storici si perdono sempre ma si possono ritrovare facilmente. E che ne arrivano di nuovi, perché non è vero che da adulti l’amicizia non si fa. Si fa, se si vuole, e anche in fretta.
Ho imparato che quando si vive un istante di grazia, non serve a niente crucciarsi al pensiero di smarrirlo, averne nostalgia prima ancora di viverlo. L’equilibrio è un attimo magico che quasi certamente perderemo, prima o poi. L’unica cosa sensata da fare, è goderselo nel mentre, quando c’è, finché dura.
Ho imparato che bisogna provare tenerezza per le proprie contraddizioni, e per gli squilibri che non sappiamo correggere, che in fondo non è mica sempre colpa nostra, non dipende sempre da noi, ciò che non riusciamo a fare.
Ho imparato che c’è un pezzo dentro le persone, tutte, pure negli stronzi peggiori, che non ha colpa di nulla, non ha peccato e non ha strumenti di difesa. Difenderlo tocca a noi.
Ho imparato che fallire succede a chi vive, cadere a chi cammina, stonare a chi canta, e che la vita accade a quelli che vogliono farla accadere. E non sempre accade proprio come vorremmo, e non sempre la nostra volontà è sufficiente, ma è eternamente necessaria per far succedere gli eventi.
Ho capito che devo imparare a sentire le cose buone e devo addomesticare la mia inutile ansia.
Sul serio, provo un’ansia folle, priva di senso il più delle volte.
In queste settimane sono morta di ansia, ogni santo giorno: per il lavoro, per i commenti, per gli articoli di giornale che sono usciti, per gli insulti, per le interviste, per gli inviti, persino per le manifestazioni di consenso. Sono morta di ansia perché la visibilità è un fardello carico di fiori e di merda, da portare a spalla. E io per intere settimane ho abitato un altrove lontano, popolato di insicurezze e fragilità, animata dal desiderio di sparire, scollegarmi, cancellarmi, rinchiudermi in un trullo dove il campo non arriva.
E invece, sono rimasta dov’ero. Una forza più potente della radioattività ansiogena, mi ha spinta. E ne sono uscita abbastanza incolume da vedere quanto ero stata sciocca a bruciarmi il fegato per un nonnulla. Per l’ancestrale presunzione di non essere all’altezza. Di non essere brava, dopo 30 anni che la gente non fa che ripetermelo, quanto sono brava. E io ancora lì, a non capacitarmene. A crederci sì, ma con innumerevoli riserve. Anche basta. Anche che palle.
Ecco, ci sono pochi fondamentali pezzi che ho aggiunto al bagaglio di come si sta al mondo. Il più importante che ho trovato, dice che al mondo si sta da liberi. Liberi di osare. Liberi di sperimentare. Liberi di condurre la propria, intima, personale, ricerca di qualcosa di insindacabile. Liberi di essere banali, oppure stravaganti. Liberi di essere quelli che si è, anche quando siamo falliti, depressi, pigri, diversi, soli, stanchi, annoiati, frustrati, feriti, patetici. Liberi di essere gli esseri umani che siamo. Liberi, anche, di mandare a fanculo la parte peggiore degli altri, e di noi stessi, senza star lì a dare troppe spiegazioni.
In fondo, non le dobbiamo a nessuno.
Sono arrivata a quello che hai imparato sulla severità
mi alzo, applaudo cinque minuti e poi finisco di leggere ❤️
Ho imparato che leggerti mi aiuta a comprendere me stesso e per questo ti dico grazie
Grazie. 💓
Hai imparato bene e in fretta. Dal mio punto di vista, ovviamente. La sottoscritta sta ancora lavorandoci su: sono ancora in corso d’opera, alla mia veneranda età, te pensa. Se riuscissi a realizzarne anche solo un buon venti per cento ma convinta sarei felicemente approdata a una serenità invidiabile. Fatti forza e vivi libera.
Bellissimo
non si smette mai d’imparare. Qualsiasi evento o altro serve per imparare e in qualche caso a non ripetere gli stessi errori.
Sempre bello leggerti, sempre bello trovare tra le righe qualcosa di noi.
E no, non si smette mai di imparare. Proprio mai.
Ma soprattutto, Happy B’Day! ❤️
Spero di imparare tutto questo…prima o poi.
Grazie.
Buon compleanno, Vague! 😀
questo punto: Ho imparato che la stima e il rispetto di sé, devono essere saldi, al centro, e non dipendere dal modo in cui gli altri ci vedono, devo ancora metterlo in pratica. Non sai quanto mi condizioni il giudizio degli altri. pare che io esista solo in base all’approvazione delle persone
Io sono grata alle inserzioni pubblicitarie del libro di Giulia De Lellis per avermi condotto qui.
Ma che bello! Olè! 🙂