Ti piace Milano?

Lo scorso autunno ho avuto l’opportunità di intervistare 15 ragazzi, tra i 20 e i 30 anni, che vivono a Milano senza esserci nati. Rampanti fuorisede, piccoli migranti nostrani, esseri umani impegnati a ritagliarsi il proprio spazio in una delle città più costose e competitive d’Italia.

Il risultato di quel lavoro è una web-serie in 5 puntate, che potete trovare qui, sul neonato canale YouTube Requisiti (ma siamo pure sull’Instagram), che è il nome del gruppo di creativi con cui periodicamente mi cimento nel video-racconto di storie, siano esse inchieste d’assalto a sfondo erotico, oppure reportage delle attività di Amnesty International; oppure ancora, come in questo caso, un’indagine su chi siano i componenti della generazione smart-living.

Si tratta di giovani che provengono da mezza Italia e dall’estero, accomunati dall’aver scelto il capoluogo lombardo come territorio per la propria evoluzione personale e/o professionale. Alcuni studiano, altri lavorano. Quasi tutti, naturalmente, vivono in condivisione per affrontare meglio le spese, per rifuggire lo spettro della solitudine metropolitana, per fare più facilmente amicizia.

La domanda iniziale, che ho fatto a tutti, è: “Ti piace Milano? E se sì, perché?”

Potrebbe sembrare un quesito peregrino, in un’epoca di grande esaltazione della milanesità in quanto tale, eppure in me è molto vivo il ricordo dei primi anni a Milano: il costo della vita insensato e insostenibile (specie per una stagista, co.co.pro, milleurista); quella sensazione di profonda inadeguatezza nella maggior parte dei contesti sociali; quell’accidentale assenza programmatica di persone sovrappeso in qualunque spazio del vivere condiviso (a un certo punto ho ipotizzato che a Milano i grassi fossero rinchiusi in una specie di campo clandestino ai margini della città); quell’ossessione maniacale per la perfezione (soprattutto degli outfit, ma anche dei corpi, degli immobili e delle automobili); quella specie di indifferenza culturale per tutto ciò che avviene fuori dalla Circonvalla (che si tratti del Quartiere Adriano o di Caltanissetta, non importa); quella conoscenza approfondita di tutti gli atolli sparsi sul Globo ma “Non sono mai stato a Roma/Napoli/Firenze/Palermo/Lecce”; quello smarrimento incredulo della metropoli che non ti controlla e non ti protegge; che ti rende libera, indipendente e sola. Che ti dimostra, infiammando tutti i nervi scoperti della tua identità, che non sai chi sei, né cosa vuoi davvero, ma che puoi scegliere chi diventare, e sei in un luogo che ti consente di farlo.

E così, in risposta a certe polemiche sorte nell’ultimo mese, a seguito delle dichiarazioni del Ministro del Sud Provenzano (“Milano non restituisce nulla all’Italia”) e di un articolo del Foglio che è circolato molto nella bolla milanese e non solo, mi sembra interessante condividere con voi le testimonianze che ho raccolto da alcuni dei giovani che ogni anno scelgono Milano come meta della loro crescita.

“Milano è un gioco di pro e contro”, dice Tommaso, 26 anni, veneto. “Non è una città perfetta e non è l’unica città al mondo, per carità, ma è un posto in cui chiunque abbia delle ambizioni, un pensiero fuori dal comune, la voglia di fare qualcosa che gli altri neppure sanno che si può fare, deve passare”

“È costosa, va a cento all’ora, chiede tanto, ma Milano ha tutto”, prosegue Riccardo, 30 anni, di Bari. “Università, politecnici di eccellenza, vita mondana, arte, sport, cultura, sanità, qualsiasi cosa è a Milano, è tutto veramente smart. L’investimento economico e anche emotivo di lasciare il nido originale è ben ripagato da una città che ha un’efficienza senza eguali, quanto meno in Italia

Katya, che ha 31 anni, viene dalla Bulgaria e ha già vissuto in Giappone, è innamorata di Milano: le piace tutto, anche le persone, che l’hanno resa più “coccolosa” rispetto a quanto fosse al momento del suo arrivo (e poi si dice che siamo gente fredda).

“Essendo una città di migranti è davvero tanto variegata, questo a volte può farti sentire escluso, ma nella maggior parte dei casi ti fa sentire parte di una cosa gigantesca e bellissima che si muove in continuazione” racconta Gloria, 25 anni, romana.

“È una città veramente molto competitiva” confessa Francesco, che di anni ne ha 23 e viene da Sondrio “ma le possibilità ci sono, basta volerle, basta cercarle”, conclude.

Tommaso S., invece, che è di Prato, ha 26 anni e lavora come visual merchandiser, ci spiega che “In una giornata tipo, per quanta sfiga o merda tu abbia mangiato, c’è sempre quella persona, quella scintilla, che ti risolleva la giornata a mille”

Per Lili, ventinovenne armena che mi obbliga a rispolverare l’inglese, Milano è una città grande, ma piccola, piena di cose belle da fare e da vedere, che ti consente di essere molto impegnato ma anche di rilassarti (alla faccia dei luoghi comuni sullo stress meneghino). Inoltre, è comodissimo muoversi a Milano, sia in città (“Metro works amazing”), sia fuori (grazie alle stazioni e agli aeroporti che la rendono un luogo collegatissimo col resto del mondo). “Milan feels like home”, conclude.

“Capisco che sia complicato allontanarsi dalla propria città, dalla famiglia e dagli amici”, ammette Giuseppe, 20 anni, siciliano “Però è una possibilità che ti insegna tante cose. Se ti piace qualcosa a Milano la trovi di sicuro, così come trovi anche quello che non ti piace, poi sta a ciascuno di noi scegliere ma a mio parere l’importante è avere sempre una scelta”. E, in effetti, scegliere è un lusso spesso negato ai giovani del sud.

“Se tu l’accogli bene, Milano ti accoglierà bene”, conferma Ilaria, che è emiliana, fa la truccatrice, ha 20 anni e tra 10 sogna di truccare le drag queen o di lavorare con il circo. “Sei in un ambiente che ti permette di essere ciò che vuoi essere” dichiara, e anche Tommaso è d’accordo con lei “C’è una forte libertà di essere la persona che più preferisci, Milano per esempio è l’unica città in Italia in cui puoi tenere per mano la persona che ami senza paura di essere preso a botte”, aggiunge.

Per Linda, che è venuta qui dalla Liguria, a studiare, Milano è una città “molto giovanile, dinamica, vitale, sprintosa”. E vivere in casa con altre persone, ragazzi e ragazze, è un’occasione preziosa per confrontarsi, conoscersi e non chiudersi nel proprio piccolo spazio.

 Gianluigi, consulente di Foggia, 26 anni, sostiene che “Milano è la città migliore di Italia”. Non sa se resterà in questo paese, ma se restasse vorrebbe certamente vivere qui. Subito dopo, ci spiega quanto sia frequente entrare in contatto con persone straniere, internazionali, scoprendo tradizioni e culture diverse che ti arricchiscono anche a livello personale. “A Milano non parlo più in italiano”, si accoda Gloria “Ci sono talmente tante persone da tutte le parti del mondo, che io ormai parlo solo in inglese e spagnolo”.

Gianluigi, poi, segnala altri due dettagli fondamentali: 1. a Milano si mangia benissimo (tutte le cucine del mondo), senza offesa per mamma e nonna; e 2. Milano è piena di figa.

L’ultima domanda che ho fatto, a tutti, è stata: “In cosa ti ha cambiato Milano?”. Se volete ascoltare le testimonianze dei ragazzi, le trovate qui.

In generale, l’impressione complessiva che ho avuto dopo queste chiacchierate, è che quasi tutti apprezzino innanzitutto la libertà di esprimere la propria personalità (evidentemente, la provincia italiana non è così tollerante, come cantava Manuel Agnelli: Milano non è la verità); la sicurezza in se stessi acquisita vivendo qui; il superamento dei pregiudizi e delle paure.

Quasi tutti, mi parlano delle opportunità professionali, ma soprattutto personali, di Milano. Quasi tutti, hanno conosciuto pochissimi milanesi veri. Quasi tutti, denunciano una certa complessità nella vita sentimentale. Quasi tutti, sono rapiti dall’efficienza dei mezzi e dall’infinita pluralità di offerta per il tempo libero (sempre poco, purtroppo): shopping, sushi, concerti, aperitivi, pizzerie napoletane (che forse ce ne sono più qui che in Campania), mostre, musei gratis, treni, metro, tre aeroporti, car sharing, bike sharing, scooter sharing. Ciononostante, quasi tutti amano passeggiare per Milano, che è bella e il cui centro si può tranquillamente girare a piedi.

Io li ho ascoltati, ravvisando in loro tracce della me che fu, e della me che sono diventata. Personalmente, non saprei dire quando è cambiato con esattezza il mio sguardo su questa città. Quando ha iniziato a sembrarmi più sorprendente, che difficile. Più bella e pulita, che grigia. Più efficiente e affidabile, che stronza. So solo che a un certo punto ho iniziato a cercare le radici del mio malessere dentro di me, e a prendere il meglio da ciò che avevo intorno. E di cose prese e apprese, in questo ultimo decennio, ce ne sono un’infinità. Consapevolezze che devo a Milano e alla scelta di vivere in una città sfidante, sempre sul pezzo, efficiente, puntuale, funzionante.

Per esempio, ho imparato che essere il diverso (nel mio caso, la terrona, cicciona, proletaria, con i capelli crespi), è sfiancante e ti fa sentire perso, a volte. Ho imparato che l’integrazione è un processo lento e complesso, pieno di imprevisiti, incontri, mediazione, studio, che richiede un impegno congiunto sia da parte di chi arriva (davvero, perdere anni a schifare Milano e a coltivare il mito bucolico del paesello non è una scelta furba), che da parte di chi accoglie.

Ho imparato che se ci sono cose della tua vita che non ti piacciono, puoi cambiarle. E, per carità, non è detto che tu ci riesca, ma se non ci provi neppure non ha senso lamentarsene.

Ho imparato che la solitudine fa cacare, ma che da soli è pur giusto imparare a stare, e non per gli altri o per il giudizio che la società ha su di noi, quanto per se stessi, perché è quando impariamo a stare soli che diventiamo liberi, autonomi, indipendenti, capaci di decidere per noi.

Ho imparato che, checché se ne dica, e per quanto esigente possa essere questa città nei confronti di chi non ha la capacità e gli strumenti per conformarsi alla sua logica e alla sua grammatica, alla fine siamo tutti qui mossi da un’istanza legittima: avere un futuro migliore. E, quasi tutti quelli che ne sono consapevoli, quelli che non scappano, finiscono con l’essere grati a una città poliedrica e plurale, com’è questa.

Come non ce ne sono abbastanza.

Grazie Milano e grazie MilanoStanze.it, di avermi fatta sentire una vera autrice tv!

7 commenti Aggiungi il tuo

  1. Aida ha detto:

    Milano di certo non restituisce i giovani che arrivano per farsi un futuro. E non li restituisce perché offre opportunità che qui al sud ci sogniamo di avere. Per questo Milano non restituisce nulla all’Italia, se per Italia intendiamo i ragazzi che da ogni angolo del Paese giungono per un’esperienza, un anno di studio, uno stage… e poi vi rimangono. E forse è un bene che non li restituisce. Almeno qualcuno al di fuori della Lombardia avrà molto da imparare.

  2. giomag59 ha detto:

    Condivido il pensiero di Gianluigi, anche se per il secondo punto mi limito ad un’osservazione estetica. Milan l’è un gran Milan…

  3. NonPuòEssereVero ha detto:

    Ho passato otto mesi a Milano per lavoro quattro anni fa e tre mesi due anni fa. Io Milano non l’ho mai capita. MAI.

  4. Marta ha detto:

    A Milano ho passato dieci anni della mia vita, prima da studentessa e poi da lavoratrice. Ho passato gran parte del mio tempo a maledire questa città, il ritmo frenetico, le richieste assurde del mondo del lavoro, l’inquinamento, il sovraffollamento, il traffico, la pretesa di perfezione estetica e l’ostentazione della ricchezza ad ogni costo. Ora vivo altrove, ho fatto una scelta di vita consapevolmente e diametralmente opposta. Non lo avrei mai detto, e odio ammetterlo a me stessa, ma da lontano mi mancano parecchie cose alle quali mi sono inconsapevolmente abituata durante la mia permanenza in città, che poi sono tutti i vantaggi che hai elencato. Hai perfettamente ragione quando dici che il malessere va cercato dentro di noi e non in ciò che ci circonda.

  5. newwhitebear ha detto:

    ho vissuto tre anni a Milano e il ricordo è bellissimo. A parte che è nata nostra figlia, mi sono sempre trovato bene con chiunque.

  6. Vlad ha detto:

    più che perfezione estetica (non esiste), direi di accettare la realtà: esistono corpi più belli (non perfetti,ma belli) di altri vale per uomini e donne ma tutti possono piacersi anche a milano

  7. 321Clic ha detto:

    A Milano ci sono arrivata da over 40 e da sola, e non ho mai pensato di tornare indietro o di aver sbagliato posto. E’ la DeLorean che mi ha fatto viaggiare in avanti alla velocità della luce, il carburante estratto dal quartiere in cui vivo, dal mercato in cui faccio la spesa, dal lavoro trasformato oltre ogni aspettativa, dai locali che frequento, dalle fotografie che scatto, da chi si ferma quando attraverso la strada, dall’asfalto e dal cemento macchiati da grosse sfumature verdi, dai pedali della bici che sono diventati un’estensione dei piedi, dall’acqua che si lascia guardare, dalla nebbia che continua a sfuggirmi, dalle persone incrociate, trovate, ritrovate.
    Passo ancora del tempo da sola, ma non ne ho per sentirmi sola. Cinque anni possono essere lunghi per chi da Milano è stato svezzato e plasmato, per me è stato il tempo di una sigaretta. Chi mi rivede negli sporadici rientri continua a dirmi che sorrido dagli occhi, che trasmetto una tangibile sensazione di star bene. Qualcuno ancora chiede perché la lontana e grigia Milano e non la vicina e solare Roma, e il lavoro non è l’unica risposta. Le città hanno una forma, un cuore e un carattere, ognuno dovrebbe trovare quella giusta, quella che ti fa sentire a casa. Avevo già lavorato a Roma, da pendolare e da residente. Ho sbirciato Milano da lontano, l’ho annusata più da vicino e ho preso la mia decisione.
    Milano è una ragazza dall’età indefinibile, con l’entusiasmo dei vent’anni, la maturità dei cinquanta, e il cuore aperto a ogni possibilità. Devi essere paziente e darle il tempo di scoprirsi, perché la sua bellezza te la rivelerà un pezzetto alla volta. Se la guardi con gli occhi puliti, non dai ascolto alle chiacchiere di chi non la conosce, e ti lasci andare ai suoi modi, allora lei ti darà tutto ciò che le chiederai e anche di più.

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