Per sei lunghi, rocamboleschi e molto formativi anni della mia vita, sono stata single, cioè sprovvista di fidanzato/accompagnatore fisso o, com’è in voga dire di questi tempi, di affetto stabile. Ho vissuto, come molte coeve che navigavano in acque affini, i tumulti della condizione di single, compresi tra la solitudine, la clandestinità, il brivido dell’illecito, l’estasi dell’autodeterminazione, l’imbarazzo di certi coiti di (s)fortuna, ma pure la libertà di non dover dare spiegazioni a nessuno all’infuori di me (al netto dell’universale quesito “Quando ti trovi un fidanzato?”). In quel periodo ho sperimentato sulla mia pelle una marea di luoghi comuni che costituivano l’impalcatura di qualsiasi narrazione sui single, quasi sempre polarizzata tra due estremi: sei buffa, sfigatella, impacciata, da compatire; oppure sei promiscua, spregiudicata, acida, da temere. Fine. Le alternative si esaurivano lì. La banalizzazione era così grossolana, che mi dava sempre la sensazione che i single fossero considerati un fenomeno marginale, di cui nessuno sapeva davvero un cazzo, target ideale delle monoporzioni nei supermercati ma quasi invisibili nel paniere della società italiana (che, invece, dati Istat alla mano, è costituita per un terzo da famiglie uninominali, cioè composte da una sola persona).
Oggi, nell’anno 2020, a cavallo tra la fase uno e la fase due del lockdown, mentre tutti giustamente siamo qui a discutere di anziani, bambini, mamme e papà, congiunti vari ed eventuali, nonni, bisnonni, procugini e trisavoli, mi sono chiesta come se la passassero loro, i single. Naturalmente, data la mia storia personale, non ho potuto fare a meno di chiedermi come andassero le cose a quelli – e non sono pochi – che si sono trasferiti lontano dalla città d’origine, che abitano in case più o meno modeste e molto diverse dalle ville con giardino o dai terrazzi vista mare con cui sono in alcuni casi cresciuti (del resto, se pagare l’affitto di una casa decente a Milano fosse possibile, non avremmo generazioni di ingegneri che vivono in condivisione, abitando in camere di 20 metri quadrati, oppure da soli ma in sottotetti senza riscaldamento, o in monolocali seminterrati dove il sole batte per cinque minuti al giorno e poi mai più). Si tratta di uomini e donne, più o meno giovani, che non hanno la propria famiglia vicino e che, al massimo, se sono stati bravi e fortunati, hanno creato delle reti affettive con amici che comunque non possono incontrare.
Per rispondere a questo annoso quesito (come vi butta?), ho interpellato circa 400 single da tutta Italia e mi sono fatta raccontare come stanno vivendo questo periodo: di cosa sentono più la mancanza? Come immaginano il futuro? Quanto desiderio sessuale avvertono? Il loro consumo di porno è aumentato? E col sexting come se la cavano? Hanno violato la legge per incontrare qualcuno? (la risposta è sì per circa il 10% degli intervistati, che hanno visto soprattutto amici in crisi dopo litigi con fidanzati, amiche incinte, sorelle stressate da smart-working e home-schooling in contemporanea, amanti clandestini e trombamici impavidi… tutti gli altri sono stati molto ligi)
L’indice della libido
L’andamento della libido appare variabile nel corso della quarantena: c’è chi “dopo due mesi a spadellare, impastare, pulire” ha riscontrato una riduzione della “voglia di pisello”, chi “all’inizio mi mancava tantissimo (il sesso), poi meno”, chi “di solito non mi interessa, ma senza distrazioni ho avuto un picco del desiderio”. C’è chi si sfoga nei sogni (letteralmente) e chi dichiara di avere ben altre preoccupazioni. C’è chi è ancora vergine e improvvisamente pensa che non abbia più senso aspettare, e chi è neo-single e accusa pesantamente l’astinenza. C’è anche chi, molto onestamente, ammette che già prima non è che la vita sessuale fosse così esuberante, che i single sono abituati a vivere lunghi periodi di carestia (confermo) e che non sono certo due mesi di inattività a fare la differenza.
Tuttavia, c’è un tratto che emerge evidente nella quasi totalità delle risposte, e cioè che il sesso non è la cosa di cui si ha più nostalgia o più bisogno. “Mi manca molto di più uscire a bere una birra con gli amici” dichiara una 25enne bresciana. Quasi tutti, in effetti, nella classifica di ciò che desiderano di più, al sesso antepongono il contatto fisico in generale, le coccole, la connessione profonda con qualcuno a cui si vuole bene, l’intimità umana, la libertà di vedere gli affetti più cari, e sopra ogni altra cosa… GLI ABBRACCI.
Che sia la definitiva rivincita della tenerezza?
Meglio soli che male accompagnati
Alla domanda “Avresti preferito affrontare il lockdown con un partner in casa?” le risposte si dividono piuttosto equamente tra “Sì” e “No” ed entrambi i fronti sono bene argomentati. Da un lato ci sono la stanchezza della solitudine e il desiderio di comunicazione immediata, di fisicità, di condivisione di ansie, fragilità e routine domestiche (“Vorrei poter cucinare per qualcuno”, ha risposto una studentessa di 28 anni, e la comprendo bene, essendo una che raramente spignatta per sé sola). Sull’altra sponda, c’è chi molto lucidamente dichiara che “Assolutamente no!” e le ragioni sono assortite e tutte comprensibili: “Sto bene da sol*, sono abituat* ai miei spazi, non sopporterei stare sempre insieme, mi sentirei in gabbia e non potrei scappare”. C’è persino chi, saggiamente, pone delle condizioni: “Sì, ma solo se in una casa grande” (eh, gioia bella), oppure “Sì, ma solo se è una relazione stabile o non conflittuale” (esistono relazioni immuni al conflitto, specie in cattività?), o ancora “Sì, perché sono con la mia famiglia e non ne posso più” (che mi ha fatto pensare che l’erba del vicino è sempre la più verde). Ma anche “Sì, perché sarebbe una bella prova di convivenza” (o un bel modo per accopparla). Naturalmente, non si può trascurare la galassia di flirt, e fling, e affair sospesa a causa pandemia: relazioni potenziali che avrebbe avuto uno sviluppo se non fosse intervenuto il virus, e che invece sono paralizzate in questa sospensione delle affettività non ufficiali. Insomma, metti che sei single da secoli, finalmente trovi una persona che ti interessa, ti corrisponde, ti cerca e ti piace frequentare, ascoltare, baciare, includere nella tua vita, non ci puoi credere, hai quasi paura a dirlo ad alta voce perché non sembra vero e poi niente, coronavirus, chiusi in casa, addio (a voi va la mia solidarietà e pure la mia consolazione: avete la prospettiva – magari illusoria ma ce l’avete – di ritrovarvi un giorno, fuori, e di riprendere da dove avevate mollato, e la speranza non è poca cosa in questo periodo). Infine, e mi sembra uno spunto molto interessante, c’è chi potendo scegliere tra un partner e un’amica, sceglie tutta la vita l’amica. “Il lockdown imporrebbe una vicinanza forzata, troppo intima…mi sento fortunata ad affrontarlo con la mia coinquilina, nonché compagna di avventure, vacanze e sfighe varie”.
Che questo periodo apra una riflessione sulla possibilità di co-abitare con gli amici?
Il dating
C’è chi non si ferma neppure in pandemia e “anticipa i casting per quando si potrà uscire di nuovo”: match su Tinder, conversazioni telefoniche, aperitivi su FaceTime e inviti a cene galanti su Skype. Al capo opposto, ci sono quelli che si rifiutano categoricamente, perché non trovano alcun mordente senza la possibilità di un incontro dal vivo. Nel mezzo, troviamo i tiepidi, gli indecisi, quelli che ci provano con scarsi risultati “Mi sono annoiata in fretta, non si parla di altro che di covid”, “In questo periodo nessuno ha niente di arricchente da portare”. Tra gli aspetti positivi, se vogliamo, c’è che “Capisci in fretta se qualcuno non ti interessa, o se non gli interessi tu, perché non ci sono molte scuse per sparire tutto il giorno”. Alcuni hanno avuto appuntamenti digitali solo con persone che conoscevano già, e la testimonianza è perfettamente coerente con un trend delle ultime settimane: in tempi di crisi non si butta via niente, si fa economia pure delle relazioni, si riallacciano rapporti e si passa dallo status di dispersi a quello di redivivi. Non stupisce se si pensa che circa il 50% degli intervistati ha dichiarato di aver avuto rimpianti di natura sentimentale, amplificati dall’isolamento, durante gli ultimi due mesi. “Ho ripensato persino al mio fidanzatino dell’asilo” dichiara una trentenne romana. Del resto, in questo periodo non stiamo un po’ tutti esaminando le nostre priorità, le scelte fatte e quelle rimandate? Dalla città in cui abbiamo scelto di vivere, alla carriera che abbiamo intrapreso o mollato, agli amori vissuti e rifiutati?
L’autoerotismo
Masturbazione sì, e non solo mentale. Se il 40% circa degli intervistati ha dichiarato di aver praticato sexting durante il lockdown (talvolta definendolo “triste” o “insignificante”), il 15% confessa di aver incrementato il consumo di pornografia, mentre il 49% di averne fruito più o meno come al solito (il 36, invece, non la guarda).
Il futuro in generale
Triste, brutto, incerto, nebuloso, difficile, grigio, diffidente, povero, faticoso, di merda, pieno di limitazioni. La maggior parte delle risposte alla domanda “Come immagini il futuro?” sono più o meno di questo tenore. La più gettonata, comunque, è “Non ci penso”, nel senso che non voglio pensarci (perché se lo faccio crepo di ansia e preferisco vivere alla giornata, concentrandomi sul qui e ora), oppure ci provo ma non ci riesco (e questo mi spaventa moltissimo). Ci sono quelli che sostengono che basterà trovare una cura, o il vaccino, e poi tutto tornerà alla normalità, ma peggio di prima. “L’essere umano è una brutta bestia, inizialmente prevarranno per un certo periodo sintomi di appartenenza, la solidarietà, la vicinanza, l’affetto. Dopo qualche tempo torneremo ai soprusi, alle angherie e alle forbici sociali sempre più allargate”, dichiara un cinquantenne milanese doc, piccolo imprenditore, in lockdown con la madre a causa di recentissima separazione. Non mancano, poi, i dolcemente illusi, che continuano ad aspettare il mondo che hanno lasciato, mentre altri si chiedono quanta voglia avremo davvero di andare a cena in ristoranti semi-deserti, con camerieri conciati come infermieri. Naturalmente, c’è anche chi non rinuncia all’ottimismo e opta per un approccio costruttivo, sottolineando la possibilità di reinventarsi dopo la crisi o chi, come una magazziniera 27enne calabrese, il futuro lo immagina migliore del presente, e non solo per il virus: “Spero che dopo questa esperienza si rallenti un po’ e si capiscano gli errori di uno stile di vita insostenibile”. C’è chi ipotizza un avvenire “diverso, più consapevole”, nel quale “daremo più valore a tutto: a noi stessi, alla relazione con gli altri, al tempo che non sprecheremo più in attività che non ci va di fare o in rapporti poco significativi”. “Questa esperienza è un bel calcio in culo che ti può catapultare in mondi sconosciuti ma diversamente apprezzabili”, risponde una donna di Genova, 37enne. Compare anche, tra le righe del sondaggio, un tema eluso nella maggior parte delle riflessioni sull’impatto psicologico del covid, ovvero l’insoddisfazione che c’era prima, la frustrazione che irrorava le nostre vite precedenti, come se la nostalgia collettiva non tenga conto di quel malessere dilagante e trasversale che accompagnava le nostre esistenze ante-virus. Non è un caso che alcuni rispondano che, nonostante tutto, il futuro, per quanto complicato, sarà migliore del passato. “Almeno avremo imparato a lavarci le mani”, sdrammatizza un uomo 56enne, emiliano.“Pieno di code, ma più ricco di sentimenti veri” suggerisce una ragazza pugliese, mentre il premio per la miglior sintesi va a un’ingegnere 36enne che risponde “Ho paura della paura”.
Il futuro sentimentale
Un ragazzo 27enne, gay, di origini pugliesi, risponde che “Il futuro sentimentale e sessuale sarà profondamente diverso anche perché ci vorrà tempo prima di normalizzare i luoghi di incontro come locali, discoteche, quartieri della movida. Il tempo passerà comunque ma noi non saremo ancora sicuri di poter organizzare un appuntamento senza avere la certezza che quella persona non abbia il covid. È peggio dell’HIV: con l’HIV scopi col preservativo, qui invece anche un bacio può essere letale. Dunque sì, un futuro molto lento.” Una 35enne dal Centro Italia si accoda: “La mancanza di contatto fisico e i rischi renderanno la vita di noi single ancora più complessa riguardo a nuovi incontri. Meno occasioni di conoscere gente nuova”. Se, infatti, si riscontra una moderata speranza sulle relazioni iniziate poco prima della quarantena, ma non abbastanza stabili da comportare la rinuncia al titolo di “single” (c’è chi si è romanticamente dato appuntamento in coda al supermercato, pur di rivedersi, tenendo le distanze e con i dispositivi di sicurezza), la prospettiva di instaurare nuovi rapporti sembra più remota per la quasi totalità degli intervistati, sebbene alcuni ne abbiano desiderio: “Sento di essere cresciuto e di aver voglia di relazioni più autentiche delle 20-minutes-stands” dichiara un 38enne milanese, gay. D’accordo con lui, un 33enne comasco “Ho voglia di conoscere gente nuova e buttarmi con meno timore nelle relazioni”. “Questa quarantena mi ha concesso tanto tempo per guardarmi dentro e riflettere, mi sento più maturo” racconta un 36enne siciliano di stanza a Milano. Come si coniugherà il desiderio di rimettersi in gioco con l’impennata di ansia sociale, disabitudine, paura del contagio, ipocondria e germofobia? C’è chi non si preoccupa non solo del covid19: “Temo di incontrare qualcuno con opinioni differenti dalle mie sul virus” spiega una libera professionista, “Gente stupida, frasi retoriche… lo smartphone puoi anche spegnerlo, le persone che hai davanti no”, segnala una bolognese di 41 anni. Tutto questo senza contare le incertezze pregresse, le delusioni e lo scetticismo (spesso legittimo) accumulato prima della pandemia. Come si farà? Cosa succederà?
Per rispondere più organicamente a questa domanda ho in serbo un pezzo che uscirà la settimana prossima su The Period, ma intanto arriviamo alla domanda finale…
Cosa avrà la meglio tra la paura e il desiderio?
Nonostante le criticità del momento, le incertezze e le preoccupazioni condivise, su questo i “miei” single propendono decisamente per il desiderio (ma non tutti ne sono contenti). Alcuni non hanno dubbi (perché la natura, l’istinto, l’animale sociale, eccetera), ma una nutrita schiera di intervistati tentenna, ci riflette e spiega che probabilmente userà più cautele, farà cernite più oculate, si informerà sulle abitudini dell’altro, tornerà a vivere lentamente, con un misto di scrupolo e prudenza. “Dovrà piacermi proprio tanto per convincermi a uscire” dice una quasi 30enne veronese che vive con la nonna e teme di contagiarla. Naturalmente nella valutazione personale intervengono fattori soggettivi, come nel caso della 27enne che risponde “Avrò più paura del contagio perché sono più a rischio di ammalarmi”. Non è la sola, molti dichiarano di aver paura e di essere disposti a superarla solo per qualcuno che valga davvero la pena, il che mi fa pensare che forse per qualche tempo ci libereremo di quel sesso un po’ scialbo che talvolta abbiamo praticato nel mondo pre-covid. In linea generale, comunque, pare esserci più fiducia nei confronti di qualcuno che si conosce già, rispetto all’ignoto di un nuovo incontro. Una studentessa 25enne risponde “Dipende dalla persona. Se parliamo del tipo conosciuto in chat sicuramente prevarrà la pura del contagio “. Ci sono anche gli irremovibili, quelli che temono una nuova ondata di contagi “a causa dell’assenza di intelligenza e autocontrollo”, oppure quelli che “valuterò con attenzione alcuni parametri prima del contatto” e già mi immagino i profili Tinder con scritto “Solo da 1,80 in su, con tampone negativo, no perditempo”.
Insomma, è difficile fare una previsione che contempli tutte le variabili soggettive che entrano in gioco su un terreno come questo, ma il contributo di tutti coloro che hanno raccolto l’invito a partecipare al sondaggio e hanno dedicato parte del loro tempo a rispondere alle domande, è apprezzatissimo. Ragionerò sulle vostre risposte e proverò a tracciare un quadro plausibile di quello che sta succedendo alle relazioni, che non sono solo quelle ufficiali, riconosciute dalla legge o sancite dal sangue, ma anche quel mondo sommerso di affetti e legami che spesso vengono ignorati. Le vostre voci, per me, sono state preziose. E da esse partirò per scrivere il mio prossimo pezzo.
Una gioia e un sollievo leggerti e legger(vi), grazie. ❤️
E le storie nate qualche giorno prima della quarantena e cresciute con essa, come si classificano?
Ciao, sono una 50enne che prima del Covid aveva una relazione a molta distanza: fidanzato francese. Per l’isolamento niente è cambiato, nessuna variazione per carenze affettive o fisiche (ci siam visti a gennaio avremmo dovuto rivederci il 20 maggio) stesse astinenza. Invece lui ha sbroccato pensando ai tempi prolungati. Ci siamo anche noi, nuova categoria, single causa restrizioni imposte dal Covid sulla lunga distanza. (pare che prima di settembre in Francia non si potrà mettere piede se non con 15 giorni di isolamento da fare là)
Dopo avere risposto alle domande del sondaggio non vedevo l’ora di leggere l’articolo. Come al solito, la tua scrittura non delude mai! Mi ha fatto ridere e sorridere. Ho provato grande tenerezza e mi sono sentita “meno sola”. Quindi grazie 🙂
una vera chicca questo post che indaga sulla vita dei single dorante la clausura.
amo la tenerezza ma spero che il sesso non passi di moda
manca un argomento che sintetizzerei come “neuromarketing” cioè gli acquisti compulsivi dettati dalla necessità anche inconsapevole di dover far passare il tempo.
E che dire della vituperata categoria di coloro che non si possono includere nelle statistiche, che amano qualcuno, sì, tanto… e come affetto stabile, stabilissimo… se non fosse per il dettaglio che non ci si può proprio chiamare fidanzati, né compagni, né congiunti dal verbo congiungersi, non ci si può proprio chiamare del tutto, perché se no ci si dovrebbe chiamare amanti… autocertificazione con scritto “amante” in viaggio per motivi di necessità causa pompino urgente, sto dicendo per dire… ora e presumibilmente ad infinitum amanti senza prospettive né progetti né in fondo intenzione di diventare coppia fissa mai, per tantissimi validi motivi che non escludono però il fatto che si possa essere ugualmente innamorati, anche se lei sì, ha un marito e figli, e tu hai moglie e tanto basta a farvi ritenere meritevoli quanto meno di lapidazione per unanime giudizio del popolo… Che succede a quelli che la loro fragile storia d’amore se la sono costruita in tanto tempo, nei ritagli e nelle briciole del tanto tempo a disposizione d’altri… che ne è delle loro speranze, delle loro attese, del loro sentirsi spiazzati, spaesati, disorientati, più precari che mai, scaraventati nel limbo proprio quando sembrava che stesse per arrivare un barlume di stabilità, di fiducia… Che ne è di quelli che stanno tra color che son sospesi da tre mesi almeno, che alla fine hanno quasi l’impressione di essersi sospesi da soli, e di non sapere neppure se si sono sognati tutto, in attesa di un messaggio che non arriva, di un appuntamento impossibile, ammesso che poi lo si voglia veramente in due e non ci sia uno dei due che, messo alla prova da tutto questo terribile, cazzo di momento storico, non abbia rimesso in discussione tutto, per l’ennesima volta: piccoli traguardi raggiunti, brevi ricordi emozionati, timide speranze di possibili temporanee felicità… in attesa di non si sa cosa, chissà da chi.
Così imparano, loro. Così impara, quel porco, così impara, quella puttana sfasciafamiglie, gli sta proprio bene, disse compatto il coro anorgasmico delle cornute e dei benpensanti di vendetta assetati… se ci si deve preoccupare anche degli amanti staremmo freschi… il Coronavirus almeno una cosa di buono l’ha fatta, ripulirci temporaneamente da questa feccia, renderla inoffensiva, farla soffrire, evviva, più ne viene meglio è, ce ne vorrebbe uno all’anno… E quindi pace all’anima tua se il tuo dolore è autentico e se quella era l’unica tua parziale infinita ragione di felicità, cazzo credi di far pena a qualcuno nella tua posizione, te la smazzi da solo e stai pure zitto, peggio per te.