Voltarsi dall’altra parte

Ieri sera, rientrata dalla tredicesima tappa del mio attuale tour promozionale (sono uscita a giugno con un nuovo libro, per Feltrinelli, lo segnalo qualora abbiate voglia di dare il vostro prezioso contributo alla causa vaginale, o più volgarmente al mio sostentamento), mi sono rimessa in pari con alcune cose successe nel passato recentissimo. Negli ultimi giorni o, in certi casi, nelle ultime ore.

Così, ho guardato il video che il Presidente del Consiglio ha diramato venerdì sera, in cui ci spiegava la pressione ormai insostenibile dei flussi migratori e la necessità, non più prorogabile, di un impegno europeo per far fronte all’emergenza. Ella mi guardava fissa, con occhi vitrei e tono assertivo, e io mi sono chiesta: quando saremo vecchi, se c’arriveremo, cosa diremo ai nostri figli?

Come spiegheremo il fatto che sono almeno 10 anni che sappiamo e non abbiamo fatto nulla, o comunque non abbastanza? Come spiegheremo che abbiamo tutti gli strumenti per capire cosa sta succedendo, una pluralità di mezzi, e fonti, e documenti, e podcast, e libri, per sapere che il fenomeno con cui ci stiamo confrontando – la migrazione – è strutturale, globale, proprio di qualsiasi specie animale che da sempre migra per sopravvivere, tanto più se l’habitat è inospitale, ostile, o povero di risorse essenziali, come l’acqua o il cibo? Come spiegheremo che non abbiamo capito che nessuno affronta un viaggio sfiancante, pericolosissimo, accidentato, per mesi e anni, lasciando la propria terra, i propri affetti, le liturgie e i rituali che fanno della nostra casa, casa nostra, ecco che nessuno lo fa se non ha la stretta esigenza di farlo? Come spiegheremo tutti i non luoghi che ci sono nel mondo, pieni di persone che stanno vivendo senza alcun diritto, umano e civile, e senza alcuna prospettiva di un futuro dignitoso?

Com’è possibile che abbiamo studiato la storia del secolo scorso, abbiamo letto Primo Levi, abbiamo visitato i campi di concentramento, e non c’è un allarme assordante che ci suoni in testa quando il leader politico del nostro Paese, nel 2023, oltre a stringere accordi con governi stranieri sulle orme di Minniti, parla anche di costruire dei centri per il rimpatrio, in luoghi a bassa densità di popolazione, facilmente perimetrabili e sorvegliabili, nei quali trattenere questi esseri umani (richiedenti asilo e “immigrati illegali”) il più a lungo possibile, secondo le normative europee attuali, e cioè 18 mesi? Il tutto mentre il Regno Unito ha deciso di parcheggiarli su una chiatta in mare, e mentre al confine tra il Messico e il Texas si consumano dinamiche simili a quelle che vediamo accadere nel Mediterraneo (qui a circa metà puntata il reportage di Zoro)?

Ma che cazzo abbiamo studiato a fare? Ma cosa abbiamo visto a fare Schindler’s List o La vita è bella o Train de vie? Ma che abbiamo capito, noi, dei musei che abbiamo visitato in gita? Ma cosa ci andate a fare la domenica a messa a mangiare il corpo di Cristo?

E quante volte abbiamo detto “Mai più” e quante volte ci siamo chiesti, commentando gli orrori del Novecento, un secolo straordinario e nefasto, ecco quante volte ci siamo chiesti: “Eh, ma come facevano quelli lì, a dire che non ne sapevano niente? Come facevano a fare la loro vita indisturbati, mentre milioni di persone venivano perseguitate, deportate, schiavizzate, torturate e ammazzate, attorno a loro? Come facevano a non sentire l’odore di morte nell’aria? Come facevano a voltarsi dall’altra parte?” 

Come stiamo facendo noi tutti, è la risposta. Nello stesso modo in cui postiamo foto da sogno, in acque da sogno, su barche da sogno, in un mare che è una fossa comune. Nello stesso modo in cui impazziamo se Easyjet fa ritardo e ci lamentiamo dei disordini del traffico aereo, mentre ci imbarchiamo con lo speedy boarding e la nostra libertà di muoverci tutto sommato comodamente, con la bottiglietta d’acqua nel bagaglio a mano. Sono piani diversi, dite? Sì, sono piani diversi, concordo.

E lo so, lo so, siamo molto presi da mille cazzi, metaforici naturalmente, e abbiamo ragione, che stress la vita, quanti mandati, incastrare i pezzi, per carità. E nel frattempo dobbiamo occuparci di tutto, pagare il mutuo, la rata dell’asilo, preparare la cena, chiamare il medico, avviare un nuovo progetto, gestire la burocrazia per i lavori di ristrutturazione, assistere un genitore anziano, essere sempre più stanchi, più soli, più affranti, più incazzati, lo so.

E so che è tutto talmente a puttane che ci sentiamo impotenti, insignificanti pedine di un collasso globale più grande di noi. So che l’ingiustizia cui stiamo assistendo inermi, è enorme, e dura da decenni, e riguarda l’umanità tutta, il pianeta, la sopravvivenza stessa della nostra specie, e noi non reggiamo, è evidentemente troppo, non siamo che miserabili criceti del mercato dell’ego. Lo so. Ci siamo dentro fino al collo.

E allora combattiamo i demoni del nostro tempo, i privilegi che ci crucciano in massa, come la sindrome dell’impostore, la retorica del successo, la solitudine, il multi-tasking, il body shaming, la dittatura della performance

I più volenterosi fanno la loro parte, per carità: mangiano le bacche, comprano vestiti usati, si muovono in bicicletta, usano i pannolini lavabili, magari militano in qualche associazione. E tutti andiamo avanti così, mentre il Presidente del Consiglio parla a più riprese di una “missione navale” europea nelle acque del Mediterraneo (che sia forse il momento di realizzare un sogno antico della nostra, espresso anni orsono, ovvero affondare i barconi?).

Trovo significativo e sinistro il fatto che abbiamo considerato colpevoli e conniventi le popolazioni che non si sono opposte agli orrori del proprio tempo, ma non stiamo facendo nulla di diverso. E non riesco a non pensare che il diffuso stato di malessere psicologico in cui versa l’Occidente, la sua irreversibile crisi di senso, sia il prezzo della disumanità che stiamo compiendo.

Il benessere non è un dispositivo individuale. Ma questo, purtroppo, lo abbiamo disimparato e, per disimpararlo bene, siamo diventati piuttosto disumani.

Vi lascio con questa foto di mia figlia, che socializza con i vicini del quartiere.

6 commenti Aggiungi il tuo

  1. martinique11 ha detto:

    Ciao, 

    <

    div>Volevo continuare a leggere

  2. Del Sarto Francesca ha detto:

    Giusto sui miei figli che stamattina ho pensato: ma le memorie di una vagina…quando tornano??!!!!!!!!!

  3. wolf into the wild ha detto:

    La storia è un’ottima insegnante, ma ha pessimi studenti….

  4. Cannuccia ha detto:

    E’ da decenni che ci hanno fatto (o meglio…abbiamo deliberatamente voluto farCI) il lavaggio del cervello. E continuiamo a pensare che il nostro benessere (per pochi) non abbia il prezzo della miseria di quelli che stanno lontani…e che sono talmente tanti che ora non possono fare altro che scappare per venire da noi. Io faccio un po’ quello che posso, come dici, ma comunque mi scontro con me stesso quando i miei problemi sembrano insormontabili, e senza dubbio rifletto la mia frustrazione sui chi invece dovrebbe ricevere ancora più comprensione e aiuto. Credo che ormai sia fisiologico e la situazione non possa cambiare. Può solo peggiorare e di certo i flussi migratori non possono essere fermati. Prima o poi saremo costretti a conviverci abbassando di molto le nostre aspettative di “benessere” che ci siamo creati nella nostra testa.

  5. Marco ha detto:

    Ecco, non avrei messo la vita è bella, dove i deportati alla fine non appaiono così straziati e i nazisti si fanno sganciare dal Benigni di turno, sembra il continua dei treni arrivavano in orario. Novecento lo avrei elencato, avere visto la miseria e le privazioni dei nostri nonni aiuterebbe a capire il disagio di altri e la nostra temporanea fortuna.

  6. fracatz ha detto:

    vabbè, i predicatori nun lo dicono, però come tu vedi tutti i caporioni muoiono in clinica, mentre per i mortidifame è difficile trovare un posto in ospedale.
    Sarà una lotta mortale tra NOI consapevoli mortidifame e i diversamente colorati donatici da dieu.
    Hanno rimandato a casa una disabile totalmente paralizzata ultrasettantenne ed il marito anziano l’ha ammazzata a cortellate dandole la pace e conquistandosi un posterello di riposo in carcere per se stesso.
    Ciao Vagi, triste futuro per i mortidifame pagatori di tasse

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