Sono nata cattiva

Sono nata cattiva, o lo sono diventata molto presto. Non so quando. Non so perché. So solo di essere sempre stata molto cattiva. 

Certo, potrei imputare le responsabilità della mia cattiveria a qualcun altro. Potrei dire che sono diventata cattiva perché sono cresciuta tra parenti clinicamente depressi e affettivamente avari, che la mia famiglia ha usato un linguaggio conflittuale nei miei confronti da prima ancora che imparassi a parlare, che la rivalità e l’esclusione sono state le cifre della mia infanzia, e che sono cresciuta sovraccarica di aspettative indotte, in bilico tra la disabilità fisica di mia madre e quella psicologica di mio padre.

Potrei, insomma, fare uno di quegli agili riassunti che impariamo a confezionare a suon di migliaia di euro devoluti in psicoterapia, sintetizzando i nostri drammi esistenziali da primo mondo in comode didascalie alla portata di tutti. Ma il punto non è questo. Continuare a rimestare nel passato non credo serva (non in questa sede, almeno). Dunque limitiamoci a dire che per qualche ragione sono sempre stata molto cattiva, anche se non ho mai scelto di esserlo. Più che altro, è la cattiveria che ha scelto me e io l’ho lasciata fare. Prima perché non capivo, non la distinguevo. Poi perché mi sembrava che quella cattiveria mi rendesse più forte, che in qualche modo mi difendesse (dagli stronzi che ho prematuramente avuto intorno, presumo). La cattiveria ha visto in me una facile preda, un terreno fertile, e ha attecchito in profondità, in qualche punto che ancora fatico a collocare con esattezza. Se la stronzaggine avesse il gps, sarebbe più facile da stanare e debellare. Purtroppo, così non è.

Ad ogni modo, non vorrei creare ingiustificati entusiasmi: la mia cattiveria non ha avuto nulla di eccezionale. Si esprimeva con sciocchezze, come quella volta che strinsi i polsi della mia amichetta bionda, e la fissai senza dire nulla, senza fare altro, finché i suoi occhi azzurri non si riempirono di lacrime e io provai un sottile e riprovevole piacere a prevaricarla. Come quella volta che feci un commento infelice su mia cugina che era stata adottata, diventando a furor di popolo il Mostro di tutta la Famiglia (il fatto che la sera prima fossi stata picchiata dai genitori della suddetta cugina, evidentemente, non costituì valida attenuante). Come tutte quelle volte, chissà quante, che mia madre piangeva in bagno per qualche terribile risposta che le avevo dato. Chi lo sa, cosa le dicevo. So che mi chiamava “lingua biforcuta” e che quando qualcuno le diceva che ero una bella bambina, che avevo il viso dolce, lei rispondeva che era tutta apparenza. Che ero dolce solo quando dormivo.

Non credo che mi abbia fatto bene sentirmi dire quelle cose. Forse se ripeti a un bambino che è cattivo, finisce che quello ci crede. Tuttavia io non do colpe a mia madre, non perché non le abbia (come qualsiasi madre), ma perché ha fatto il meglio che ha potuto, ed è stato tantissimo. E so con certezza che mi ha amata sempre, che è l’unica cosa che alla fine conta, anche se nessuno sa amare in modo perfetto, guarda un po’, neppure lei.

Quando avevo 6 o 7 anni, tuttavia, mi portarono da uno psicologo, una scelta di pura avanguardia o di assoluta disperazione, se la collochiamo nella Puglia dei primissimi anni Novanta. La ragione era che “rispondevo male”. Ricordo ancora la seduta. Ricordo lo psicologo che su un foglio disegnò un’anguria e un pallone da calcio e mi chiese quale dei due fosse più pesante. L’anguria (cretino!), risposi. La sua diagnosi fu che ero intelligente e che, nel tempo, avrei capito. I miei decisero di non spendere altri soldi per sentirsi dire delle ovvietà.

D’altro canto, mia nonna materna ripeteva a mia madre che crescendo sarei cambiata. Dev’essere stata dura, per lei, avere una figlia cattiva che non assomigliava in nulla alla bambina che avrebbe voluto. Quanto a mia nonna, aveva ragione, ma aveva anche torto. Non sono mai veramente cambiata. La mia cattiveria non se n’è mai andata. Ho solo imparato a convivere con la belva feroce, e non è stato semplice, perché quella rabbia, quella furia distruttrice, quella crudeltà di giudizio non ha mai risparmiato nessuno, neppure me stessa.

Tuttavia, sono diventata una persona relativamente “normale”. Ho imparato a tenerla sotto chiave, a nasconderla sotto strati di buone maniere, ironia e caratteristiche socialmente accettabili, appetibili persino. Ho coltivato le cose buone che avevo, ma non ho mai truffato nessuno. Quando tre anni e mezzo fa il mio coinquilino si è avvicinato, l’ho messo in guardia: vedi che all’inizio sembro figa ma poi divento brutta, sono nociva, faccio male! Vorrei dire uomo avvisato mezzo salvato, ma l’uomo è un essere per definizione stolto.

In generale, chi si è avventurato abbastanza in me, l’ha vista, Sua Maestà Cattiveria. Molti che pure mi hanno voluta, apprezzata, desiderata, se ne sono andati e io, col senno di poi, non posso biasimarli. Se potessi, in certi periodi, mi eviterei pure io. Perché, in certi periodi, sottoposta a certe sollecitazioni, la mia cattiveria detona. È totale, onnipotente. Mi governa il corpo e la mente, mi toglie il sonno, mi lacera lo stomaco, mi tirannizza l’anima. Vomita parole corrosive, mi ribalta gli occhi, ferisce me e ferisce chi amo. Forse, la cattiveria è quella cosa che nasce in una bozza di essere umano che non si sente sufficientemente amato. Vai a capire perché. E chi può dirlo, quando l’amore basta? Quando è poco, quando è troppo, quando stroppia.

C’è solo un genere di persona con il quale riesco a funzionare. Per fortuna ne ho incontrate diverse nella vita. Una minoranza di tutte quelle che ho incrociato, frequentato, deluso, perduto. Non sono certo persone perfette, quelle con cui funziono, ma sono quelle prevalentemente buone. Quelle portatrici di sentimenti positivi, quelle che dispongono di luce sufficiente per non patire i miei bui interiori, gli angoli umidi dove ho nascosto il peggio di me. Quelle persone che, in qualche modo inspiegabile, per puro caso e non necessariamente per merito, mi vogliono bene. Che non vuol dire che sono schiavi, servi, sottoposti, individui perennemente assertivi. No, nulla di tutto ciò. Sono gli amici che ho vicino da una vita. Sono i parenti che mi hanno trattata da bambina, senza scaricarmi addosso le loro frustrazioni adulte, i loro velenosi risentimenti. Sono le amiche che mi hanno criticata e protetta, perché hanno visto la mia forza ma anche la mia vulnerabilità. Sono le persone con cui ho litigato e fatto pace. Quelle con cui ho riso, viaggiato, chiacchierato, scoperto, scambiato abbracci, confidenze, consigli, regali, piccole dimostrazioni disinteressate di affetto e di cura. Quelle con cui ho instaurato un rapporto di reciproca stima, non soggetto a coercizione e a manipolazione. È grazie a queste persone, se mi sono riconciliata con certi pezzi di me. Se ho scoperto di avere cose buone. Se ho capito che, oltre alla belva, c’è di più.

Con loro io so essere una persona affettuosa, leale, amorevole, fidata, grata, accudente. Con quelle persone so ridere. Con quelle persone so trovare un po’ di pace, sentirmi a casa, esercitare la parte migliore di me.

Oggi, alla veneranda età di 35 anni suonati, dopo decadi di guerra dentro e fuori, forse ho una risposta, che non è stare da sola, e non è nemmeno arrendermi alla belva.

È, banalmente, non aspettarmi più di essere salvata. È, banalmente, non avere più la presunzione di salvare nessuno. È, banalmente, scegliere ciò che ha un buon sapore. Vivere la vita che non mi risulta più indigesta. Circondarmi di persone buone. Ritrovare un po’ di tenera leggerezza.

Elementare, no?

14 commenti Aggiungi il tuo

  1. metalupo ha detto:

    Boh, non è che ci si frequenti spesso, ma a me non pare.

  2. Emi ha detto:

    Aggiungerei anche ricordarti di essere tenera con te stessa.. .e lasciare un po’ da parte la cattiveria con cui ti guardi! Grazie Vago 🤩

  3. wolf into the wild ha detto:

    Nessun bambino nasce cattivo, poi la vita ci condiziona, cambia, e quella parte oscura che sentiamo dentro noi può essere guardata negli occhi, come si fa con un lupo… un giorno si cresce e scendi a patti con parti di noi che facciamo fatica ad accettare. I tuoi “banalmente” sono conquiste importanti, vette che non tutte le persone raggiungono. Sii fiera di te, del tuo cammino, del tuo desiderio di capire, capirti.

  4. Neogrigio ha detto:

    Che bello questo post….ma la tua penna si distingue sempre del resto

  5. newwhitebear ha detto:

    Dalle letture dei tuoi post, e lo faccio da diversi anni, non mi pare che traspiri cattiveria. Ironia e giudizi lapidari non sono cattiverie. Molto spesso devono essere usati

  6. Maria ha detto:

    Brava, ci vuole coraggio a scoprirsi in questo modo… Credo che sia un bel passo avanti riuscire a farlo, un atto di consapevolezza non indifferente… Grazie per queste riflessioni, la vulnerabilità non è un difetto!

  7. La Disfunzionale ha detto:

    Quelle che tu consideri persone buone, sono semplicemente persone che capiscono come sei e non ti rompono i coglioni per farti sentire in colpa per il tuo essere come sei. Non sono buoni loro, sono come dovrebbero essere tutti, in quel mondo perfetto che non esiste. E non sei cattiva, tu. Tu sei tu. Tu che se ti scappa una parola acida vieni tacciata di stronzaggine ma se lo fanno gli altri bisogna sempre capirli. A te hanno detto che sei cattiva, a me hanno sempre detto che sono acida (da bambina) e cinica (da più grandicella), eppure continuo a pensare che un bel vaffanculo non fu mai scritto per chi ci dice questo. Dobbiamo essere come siamo, noi, perché è sempre meglio dell’alternativa.

  8. Pino ha detto:

    Essere cattivi aiuta a (soprav)vivere

  9. gaetano ha detto:

    Ciao cara,
    Nessuno nasce ne cattivo ne stronzo, sicuro che la predisposizione innata a non farsi prendere per il culo c’è l’abbiamo. E la vita che ci porta ad essere in un modo piuttosto che in un altro. E giusto che se devi difenderti e giusto che due calci in culo li devi anche dare.

  10. Elisa De Fina ha detto:

    Grazie Vagina,
    anche io sono nata cattiva e mi rendo conto che vivo nella speranza che qualcuno mi possa salvare, soprattutto da me stessa. E’ bello che hai avuto il coraggio di raccontarti e di accettarti, io ancora non ci sono riuscita (ci sto provando) per me il viaggio non è concluso (anche se sono più grande di te…) ma le tue parole mi hanno dato un’immenso conforto. Ce la posso fare anche se è dura!!! Non è banale arrivare alle conclusioni che hai fatto..per nulla!!

  11. fracatz ha detto:

    su questa palla di merda c’è posto per tutti, peccato che tu non mi sembri molto convinta della tua cattiveria, perché anche oggi, nonostante la chiusura dei vari colossei, aiuta molto a sopravvivere

  12. Anna ha detto:

    Ciao Vagy. Questo ultimo articolo mi tocca molto. Ti dirò, di fronte a tutti gli commenti pseudo-consolatori in cui ti si risponde ‘non sei tu, ma…bla bla bla’, a me viene solo da dirti ‘anch’io. io uguale a te, io cattiva agli occhi degli altri e guarda un po’, penso pure di esserlo.’ Non so perché, da quando sono piccola mi porto questo macigno in giro, non sono mai riuscita a trovare una reale spiegazione. mi piace pensare che ‘la colpa’ sia di un padre violento che reprimeva e mi mostrava che solo chi era più forte vinceva. però sai in realtà magari non è nemmeno quello. chissà se la terapia aiuterà in questo senso. come te, arrivata quasi ai 30, mi rendo conto che i più scappano a gambe levate, i pochi-ma buoni, ndr- restano ma a volte mi chiedo se anche quelli se la meritano, poverini, sta croce, che poi tanto finisce che a una certa faccio un torto anche a loro. a volte è difficile starsi accanto. altra similitudine: gli unici con cui andiamo d’accordo. sembra di leggere i miei pensieri; sono perplessa.

    ti abbraccio Vagy

  13. bluscur0 ha detto:

    Abbiamo tutti in qualsiasi momento della nostra vita una parte buona ed una cattiva è solo una questione di percentuale.
    C’è un attimo in cui si decide di vivere in pace con se stesso e con gli altri. Quell’attimo credo dipenda dall’aver superato le proprie paure.

Parla con Vagina, Vagina risponde

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...