L’Amore è uno Sbattimento

Esiste un errore che spesso si fa, quando si è single: pensare che iniziare una relazione ci faciliterebbe la vita. Naturalmente, questa baggianata la pensiamo perché ci concentriamo sugli agi che ci mancano, invece che sulle libertà di cui disponiamo. Quando sei single e sei al secondo weekend consecutivo da sola, perché anche se gli amici ce li hai, comunque ti capita di passare molto tempo da sola; quando non sai cosa rispondere a domande come “Cosa fai a Capodanno?” e “Cosa fai ad agosto?”; quando è il tuo compleanno e nonostante tutti gli invitati, nel più profondo di te rosichi, perché sai che anche quella sera, come tutte le altre sere, andrai a dormire da sola e da sola ti sveglierai l’indomani, un anno più vecchia; quando devi pagare tutte le spese e far fronte all’età adulta con le tue sole forze, quando ti viene la febbre, quando ti invitano a un matrimonio e anche quando ti ritrovi in un gruppo ad alta densità di coppie e famiglie; in ciascuno di questi casi, pensi che un fidanzato risolverebbe tutti i problemi. Uno giusto, naturalmente, che mica ci accontentiamo del primo che passa, pur d’averlo, è ovvio.

Il fatto però è che anche quando trovi uno giusto, dopo che ne hai visti passare una quantità sufficiente da riconoscere al volo chi gioca nel tuo stesso campionato, chi è out of your league e chi è direttamente non classificato, ecco non è che a quel punto, invece, tutto fila liscio, ‘na meraviglia, zero sbattimento. Manco per il cazzo.

Oggi sono qui per raccontarvi gli esaurimenti che soggiacciono a un’esperienza tanto appagante e tanto meravigliosa, come può essere l’inizio di una relazione amorosa, per così dire “sana e consapevole”.

1.  La mappatura delle rispettive identità

Non prendiamoci per i fondelli, un conto è mettersi insieme a 18 anni, un conto è farlo a 38. Badate, non sto dicendo che la prima opzione sia migliore della seconda, per niente. Quanto più si è adulti, tanto più si possiedono (o così dovrebbe essere in teoria) gli strumenti per relazionarsi a un altro essere umano che, per quanto simile, è una persona diversa da noi. Ciononostante, quegli strumenti sono lì per una ragione: abbiamo vissuto, entrambi, molto. Abbiamo esperienza, ma pure identità, convinzioni, malfunzionamenti, nevrosi, zone d’ombra, cose che ci stanno piantate dentro da ben prima che incontrassimo l’altro. Ecco la fase della conoscenza, non solo delle parti belle dell’altro, ma pure della sua fognatura, è un lavoro lungo e faticoso, ma anche ripagante. Però, voglio dire, vi porterà via tempo, energie, pazienza. Ne guadagnerete l’agio di avere un’altra persona sul pianeta che, forse, farà altrettanto per voi, nel suo modo, che deve essere un po’ pure il vostro, altrimenti non abbiamo concluso un cazzo (diffidate tantissimo di quelli che sanno amare solo a loro modo, significa in linea di massima che amano solo se stessi).

2. La sfera sociale

Anche in questo, bisogna farsene una ragione. Le abitudini per così dire mondane, cambiano. Questo non significa che quando eri single andavi tutti i weekend a ballare sul cubo e che adesso passi le tue serate sul divano, sotto il plaid a guardare Netflix. Significa, però, che quando ricevi un invito a cena inizi a pensare “Speriamo non ci siano i bambini” invece di pensare “Speriamo ci sia un single decente“. Poi succede anche che i bambini ci siano, che camminino per casa, che giochino seduti sul parquet e che ci parli e comunque non è poi questo incubo terrificante. Succede che hai meno tempo per chattare con i tuoi amici sparsi per il globo. Succede che nel weekend sai cosa fare, anche quando è: “non fare un cazzo insieme”. Succede che il Natale e la Pasqua diventano più complessi. Succede che gli amici single smettono di chiamarti perché vederti è diventato ancora più arduo e forse meno divertente (oh le tragedie sentimentali e i malcapitati tinder date, quanti argomenti di ludico confronto e straziante immedesimazione donano alle relazioni amicali). Succede pure che l’estate, forse, non potrai sempre e per sempre continuare a tornare solo a Taranto (a meno che tu non ti metta con un tarantino e io c’ho provato, credetemi, ma alla fine mi sono dovuta arrendere al maschio nordico). Succede che ti scopri ad avere la tua “coppia preferita” di amici e dopo un anno ne hai tante, alcune etero e alcune gaie, alcune con i figli, alcune sposate, alcune spiantate. Capisci anche, però, che ognuno ha il suo modo per vivere la vita di coppia, così come ognuno ha il suo modo di vivere la singletudine. E che quella contrapposizione per categorie che tante volte avevi fatto, un po’ per sopravvivenza, un po’ per circostanza, non ha poi così tanta ragione di essere.

3. La casa

L’avvio di qualunque relazione passa necessariamente per un limbo infernale nel quale i due innamorati dispongono ciascuno di una propria casa (di proprietà o in affitto che sia) e passano una buona fetta della loro vita a rimbalzare come palline da flipper tra un domicilio e l’altro. Viaggiano portandosi appresso il ricambio per il giorno dopo che nel caso degli uomini può risolversi con un paio di mutande, un paio di calzini e una camicia, ma per noi donne è un esodo quotidiano inaffrontabile (bisogna considerare tutto il reparto make-up che fa parte degli essenziali anche della donna più becera, tipo me). Si inaugura così una folgorante stagione, di variabile durata, durante la quale inizi a possedere doppio spazzolino, doppio phon con diffusore, doppio shampoo, doppio balsamo, doppio caricabatterie del telefono, doppio pacco di salviette struccanti, doppio olio per il corpo, doppi rasoi, doppie schiume depilatorie, doppio kit per il trucco. Contemporaneamente, naturalmente, si compie la moltiplicazione delle calze e delle mutande, il tutto mentre si continua a sparpagliare i propri averi, documenti, libri, occhiali, scarpe tra una casa e l’altra. E ogni volta che sei nella casa “A” ti serve qualcosa che hai nella casa “B”, e viceversa. Un giorno ti accorgi che moltissime delle cose che possiedi effettivamente non ti servono, che puoi farne a meno, che la tua vita prosegue anche se non hai nell’armadio un ampio inventario di maglie che non indossi, e una scarpiera che scoppia di tutti gli stiletti che ormai sono una memoria del passato (o giù di lì). Nel frattempo, però, smadonni e non puoi fare altrimenti. Naturalmente, in un simile frangente, diventa molto complesso conservare una certa regolarità esistenziale (che per me è come il Sacro Graal, un oggetto prezioso, ambitissimo, leggendario). Nel periodo della doppia residenza le cose più banali diventano complesse: cagare, dormire, fare una spesa coerente, pianificare minimamente i pasti, andare in palestra. Per carità: stai vivendo l’innamoramento, sei felice, al settimo cielo, uau che meraviglia, sì guarda chi se l’aspettava. Però, davvero, è uno S-B-A-T-T-I-M-E-N-T-O.

4. La convivenza

Finalmente, poi, arriva il momento della convivenza, che ti fa tirare un sospiro di sollievo pensando che ADESSO potrai prendere pace. E invece. E invece si apre tutto un altro capitolo di appassionante criticità. Voglio dire: le mie amiche primipare mi hanno raccontato che quando una donna è incinta, arriva a un punto in cui è talmente sfiancata dalla gravidanza che non vede l’ora di partorire. Alla base di questo, c’è la suggestione che il parto concluda l’impresa. La realtà, invece, è che il parto la inaugura. La convivenza è una roba del genere. Pensi che sia una figata, e in effetti lo è, ma è anche complessa, specialmente per chi è neofita come me. Quando con una persona spartisci la casa, la spesa, la veglia e il sonno, ti confronti necessariamente con i suoi dark side. Quando eri abituato a fare che cazzo volevi sempre, senza rendere mai conto a nessuno di nulla, padrona di ogni angolo e ogni acaro di casa tua, libera di fare quello che ti pareva in tutti i sensi, è strano quando quella libertà diminuisce e ti ritrovi a disquisire sul corretto collocamento del rotolo della carta igienica, oppure sull’opportunità di tenere un cucchiaino fisso nel barattolo del sale, oppure sulla frequenza con cui cambiare gli asciugamani, oppure sulla politica delle lavatrici, oppure su quale serie vedere, oppure sella temperatura a cui impostare i condizionatori d’estate e il termostato d’inverno. Badate, non intendo dire che per questi temi si litiga. Dico, semplicemente, che diventano temi e che prima, invece, nella rispettiva autocrazia, non esistevano neppure.

5. I progetti

Dulcis in fundo, ci sono loro, i progetti, il futuro, lo spettro di tutto quello che dobbiamo fare e ancora non abbiamo fatto. L’angosciante aspettativa piccolo borghese che ci è stata inculcata più delle canzoni di Cristina d’Avena. Ecco quando inizi una relazione, tu pensi di aver trovato la pace dei sensi e invece no. Cosa diventiamo? Cosa vogliamo fare? Cosa vogliamo essere? Dove vogliamo vivere? Quali compromessi siamo disposti ad accettare? Vogliamo figli? Vorremo averli un giorno? Quanto tempo abbiamo per procrastinare? Vogliamo avere una casa più grande in periferia, o un buco di culo in centro, in un quartiere figo? Vogliamo pagare l’affitto per sempre? Vogliamo accenderci un mutuo? O magari cambiare macchina? Possiamo continuare a fare questo lavoro, o dobbiamo cambiarlo? Guadagniamo abbastanza? Vogliamo trasferirci a Barcellona? Vogliamo trasferirci a Martina Franca? Cosa vogliamo fare? Cosa vogliamo diventare? Come riusciamo a conservare il nostro “io” in un progetto che diventa a due? E poi, se i due impazziscono, addirittura a tre, a quattro, a cinque?

Ecco, quello che posso dirvi, è che si fa. Che tutto si fa. Che la vita risponde alle domande, che nel 2018 si può parlare in maniera davvero aperta, con un compagno che giochi nel nostro campionato. Che la libertà di autodeterminarsi è un’opzione che possiamo praticare. Che esistono molti modi di essere coppia, come detto. E che una relazione non è mai la soluzione di tutti i problemi, non è la cura a tutti i mali, né è la risposta a tutte le domande. È il doppio degli sbattimenti, ma è anche una delle esperienze più dolci e gratificanti, più benefiche e stimolanti che si possano vivere. Nel caso in cui, però, non ne abbiate una, godetevi la vita che avete esattamente per come è, anche per tutte le cose che vi sembrano ovvie e scontate, noiose o solitarie. Non dico che vi mancheranno, ma sono un’opportunità meravigliosa per approfondire la conoscenza di una delle persone più importanti della vostra vita: voi stesse. E quando poi v’arriva, rimboccatevi le maniche, perché come v’ho detto, l’amore è uno S-B-A-T-T-I-M-E-N-T-O.

32 commenti Aggiungi il tuo

  1. Soul ha detto:

    ….. single o non single e tutto una noia

    1. memoriediunavagina ha detto:

      come diceva il buon califano…

  2. Soul ha detto:

    ** e’ ** 😎

  3. Levino ha detto:

    Oddio.. mi arrendo 🌹

  4. Mezzatazza ha detto:

    Facciamo che mi segno il post e ci torno tra un paio d’anni: quelli in cui non ho intenzione – né cazzi, né euro – di smuovermi dal punto 3.

    Ammesso che il mio complesso di Peter Pan non mi faccia tornare a svolazzare sola.

    1. memoriediunavagina ha detto:

      ahahah guarda non parlarmi di euro che questo è un periodo NERISSIMO…
      tu torna pure tra quanti anni vuoi, il post resta qui for you 😀

  5. Cael72 ha detto:

    Io però, single da un bel po’, non penso e non ho mai, MAI pensato che una relazione mi faciliterebbe la vita. Di agi ne ho anche così e la libertà, beh, la libertà…

    1. memoriediunavagina ha detto:

      ah io riesco sempre a pensare che ciò che non ho sia migliore di ciò che ho, quindi quando ero single ho pensato più volte che con un compagno sarebbe stato “più semplice”. ma lo sapevo pure io che era una minchiata 🙂

  6. Chiara ha detto:

    Da tarantina che vive fuori come te ti dico che non ce la farai a non scendere a Taranto almeno qualche giorno durante l’estate!!☺️

    1. memoriediunavagina ha detto:

      l’ho fatto!!! estate 2018 neppure un giorno in puglia, stommale e infatti torno a natale! 🙂

  7. newwhitebear ha detto:

    stare in due vuol dire che ognuno dei due deve rinunciare a qualcosa, sempre che si voglia andare avanti. Altrimenti… saluti e ognuno per la sua strada. meglio restare single e rinunciare a convivenza o altro.
    Se invece si pensa solo a dividere le spese, ad avere qualcuno con cui litigare – pardon chiacchierare – o passare i fine settimana in due. Beh! forse la convivenza ci può stare per qualche tempo ma poi come nel gioco dell’oca si torna al via.

    1. memoriediunavagina ha detto:

      il problema sono i passi che non si riescono a fare, secondo me.
      quelli che sai che dovresti, che serve, che è necessario, ma comunque non riesci.
      per tutti gli altri, sì, si capisce che è necessario andarsi incontro e, pian piano, si impara a farlo 🙂

      1. newwhitebear ha detto:

        il guaio è che si sa cosa si deve fare ma per un malcelato orgoglio si rinuncia e poi nascono i problemi.

  8. emmepi ha detto:

    Non saprei dire …in fondo ho solo due ex mogli.

  9. Qualcuno mi disse, una volta, che una relazione è un tango ballato a ruoli alterni. Credo calzi, come definizione. Ammesso di trovare un* buon* ballerin*.

  10. Mario ha detto:

    Io non parto nemmeno con il punto 1( rinuncio a priori ad avere qualsivoglia relazione amorosa) emarginato dal sistema capitalista, perché relegato in posizione socioeconomica troppo “bassa” rispetto agli “standard” di una classe borghese ipocrita e consumista , in un limbo fatto di precariato perpetuo e retribuzioni troppo basse per potersi permettere anche un buco di culo(in affitto) in periferia e l’automobile(usata)…in tale scenario “l’amore” per me è un’inutile complicazione ed un “lusso”(già l’esistenza è un dramma, affrontarne due di drammi peggio ancora, c’è chi addirittura è cosi folle da crearne di nuovi di drammi portando avanti una specie destinata all’autodistruzione…)

    1. memoriediunavagina ha detto:

      c’è del nichilismo nelle tue parole, ma lo comprendo e non sei il solo.
      hai ragione, la precarietà finanziaria sicuramente non incentiva l’amore. se sei un uomo, pesa ancora di più (ma persa in ogni caso, e te lo dico da donna).
      detto questo, poiché siamo sotto natale e mi sembra corretto anche veicolare un po’ di ottimismo (materia che pratico il meno possibile, essendo una pessimista cronica) mi permetto di segnalarti che:

      – è vero, la nostra società pone come suo primo obiettivo il profitto, il consumo, il mercato e misura il successo (dunque il valore) dei suoi individui sulla base del conto in banca; però non siamo tutti così.

      – in due aumentano le spese, ma si dividono pure, quindi il buco di culo o la macchina che da solo non puoi permetterti, potresti averlo con una compagna o un compagno (fosse pure un amico, un convivente, a dire la verità)

      – la gente si riproduce per ragioni che evidentemente non sono legate a una coscienza globale, di sovrappopolazione, crisi energetica e valoriale del nostro tempo; non so dirti perché si riproduca, ma posso dirti che non è una scelta così orribile e che non è brutto che qualcuno la faccia

      – l’amore è un lusso solo se lo intendi nella sua declinazione consumistica; al tuo posto mi chiederei cosa ho di buono da offrire a un partner, e lavorerei su quello; e non tutte le persone cercano una macchina costosa o un attico con doppia esposizione (parlo per esperienza)

      per ora, buon proseguimento…

      1. Mario ha detto:

        Infatti io non intendo assolutamente l’amore nella sua declinazione consumistica(che amore non è…)…ma almeno fino ad ora mi è risultato molto difficile conoscere persone che anche solo mettano in discussione la follia della società in cui viviamo…(le posso contare sulle dita di una mano)sono sicuro che come è pieno di pecore che fanno la coda per l’ultimo modello di I-phone ci saranno anche molte persone(benché in netta minoranza) con dei valori che vadano oltre la dimensione puramente materialistica del consumismo…il punto è trovarle…

  11. chicca ha detto:

    anche stare da soli lo è…..

    1. memoriediunavagina ha detto:

      non hai torto. posso dirti che ho capito questo dell’età adulta: l’ansia ce l’hai sempre, se sei fortunato puoi scegliere di che tipo soffrire 🙂

  12. Ancora non hai considerato la possibilità che tutto finisca.
    Visto che qualunque divorzio è iniziato con un matrimonio, non dobbiamo mai illuderci che a noi non potrà capitare perchè siamo innamorati (e tutti quelli divorziati sono stati così idioti da sposarsi senza essere innamorati?).
    A quel punto non è facile riprendersi ciò che era proprio: è possibile per un sopramobile, ma come si fa per la casa se è stata pagata da entrambi e quello che deve venire lasciato non è d’accordo?
    Io penso che si debba sempre tenere le cose separate, tutte le cose. Così non ci si sente in gabbia.
    Sapere che in qualunque momento si può alzare i tacchi fa sentire più tranquilli e l’altro non da per scontato che ci saremo sempre e che quindi ci può tattare come pezze da piedi.

    Sono convinto, convintissimo, che questa libertà faccia gran bene alla coppia: nessuno si sente in gabbia (le sbarre fan venire voglia di fuggire) e nessuno si sente in una botte di ferro, quindi continuerà ad esserci rispetto reciproco. Come i primi giorni.

    L’unico problema è che non sempre è possibile che uno dei 2 abbia la possibilità di avere una casa interamente sua. E inoltre prima poi… si usa fare figli (ma questo è un problema solo per l’uomo).

    1. Mario ha detto:

      Io penso che non sia scritto da nessuna parte che si debbano fare i figli…soprattutto chi è in una posizione economica non adeguata per un impegno del genere nonché essere davvero in grado di fare il genitore…

      1. Peccato che si sia in 2. E di solito la questione “far figli” la decidono le donne e gli uomini accettano.
        Credo che il non accettare causi l’apertura di un buco nero con fuoriuscita di antimateria…!
        Riguardo l’indispensabilità della tranquillità economica, i nostri nonni non sarebbero d’accordo…..

      2. Mario ha detto:

        Libere di decidere con qualcuno che non sia io(ho 34 anni)…io ho l’umiltà di analizzare me stesso, e di ammettere che non sarei in grado di fare il genitore, né voglio esserlo(sono un mediocre), ne potrei mai permettermelo(faccio già fatica da solo con 1000 euro di merda a contratti con agenzia interinale di un mese per volta, tolto affitto, bollette e spesa rimane ben poco)…di sicuro non mi metterei mai insieme ad una che ha il pallino della maternità…evidentemente la pulsione animale verso la riproduzione della maggioranza delle persone, è più forte della capacità di raziocinio…mettere al mondo nuovi esseri umani, nel contesto socioeconomico attuale e futuro (che sarà inevitabilmente ancora peggiore) non la vedo una scelta tanto lungimirante…

      3. la tua “fortuna” è che hai già 34 anni e quindi sei già disilluso: le eventuali storie passate fallite e la vita da single ti hanno fatto capire chiaramente cosa vuoi, come gira il mondo ,ecc e non credi più nelle fiabe “da mulino bianco”.
        Ma se tu ne avessi trovato la “ragazza da sposare” attorno ai 20 anni, scommetto che saresti rimasto fregato pure tu.

    2. memoriediunavagina ha detto:

      In che senso fare figli sarebbe un problema solo per l’uomo?
      Non penso al divorzio e non penso al matrimonio, al momento.
      So benissimo che l’amore finisce e che i matrimonio, oggi più di ieri, durano quanto i gatti in tangenziale.
      Avere una relazione non sconfessa ciò che ho sempre pensato, testimoniato e verificato 🙂
      Però la sto vivendo, è una relazione giovane, dunque l’affronto com’è giusto che sia, altrimenti non andrei neppure avanti: provo a fare il meglio che posso, sperando che funzioni, che ci piaccia stare insieme per un periodo di tempo piuttosto lungo, che possiamo riempire quel tempo di esperienze che piacciano a entrambi, senza forzare l’altro (lui o me) in situazioni e obblighi di cui non ci sentiamo all’altezza, per le varie e più personali ragioni.
      Non so se ho risposto, ma spero di sì 🙂

  13. emmepi ha detto:

    OT
    Certo che Marco e Mario trasmettono tanto ottimismo e positività che mi sto già mettendo il cappio al collo

  14. Alessia ha detto:

    E quando hai trascorso gli ultimi 20 anni della tua vita con tuo marito, hai vissuto per e con la tua famiglia i figli e tutto il tuo mondo ruotava intorno a loro , per cui hai modificato abitudini amicizie metodo di relazionarti con gli altri col mondo( che adesso é cambiato assai da come lo avevi lasciato tu 20 anni fa) e poi ti ritrovi nel 2018 a 37 anni separata senza più quella normalità che tanto ti rassicurava, sola spaventata dal cambiamento e dalle persone che vivono in questo tempo da single tu che non lo sei single da 20 anni…
    Single, infatti il solo pensiero mi spaventa 😔 come si ricomincia? O meglio DA DOVE?

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